C’è chi annuncia cinque liste, chi sei e chi – udite udite – otto. A una settimana dalla loro presentazione cresce la curiosità sui nomi, si susseguono le indiscrezioni ed è caccia grossa ai candidati: trovarne 32 per ogni lista, magari da moltiplicare per otto, è roba che ti costringe (come si dice stia effettivamente avvenendo) a mettere dentro il primo che passa per strada. Alla faccia della competenza, della preparazione e dell’esperienza.
In tutta questa bailamme circolano voci vere e molte altre che invece vengono messe in giro apposta per depistare. Fatto sta che intanto qualche considerazione, tutto questo “circo”, la merita.
Il numero delle liste, dunque. Apparentemente più riesci a farne e più sembri forte. Ma le cose non stanno esattamente così. Dietro questo mercato si nasconde, in realtà, una palese debolezza dei candidati a sindaco. E infatti, se è vero (come è vero) che dovrebbe essere il sindaco a trainare le liste, qui succede il contrario: si mettono insieme tante liste perché i sindaci sono deboli. Liste sganciate da qualsiasi idea programmatica (di programmi, fatta eccezione per le solite cose che vanno bene a Viterbo come al Polo Nord, non si sente parlare), allestite solo per cercare di convogliare qualche voto dei parenti stretti di Tizio o Caio, nella speranza che due voti di qua e due di là possano servire a fare massa per arrivare al ballottaggio. Liste senza nessuna connotazione politica e addirittura rappresentative di singole corporazioni “di arti e mestieri”: ci sarà – si dice – quella dei professionisti o aspiranti tali, quella dei medici e degli infermieri, quella degli impiegati o di chi spera di diventarci, o anche quella di chi si accontenta di più umili lavori di manovalanza. Ognuno, si candida per curare il proprio orticello, speranzoso di coltivarlo meglio se la propria parte vincerà le elezioni. Di contro, a ognuno viene rappresentata la possibilità di svoltare, magari di trovare lavoro o di fare carriera.
Tutto ciò svilisce ancora di più la già debole figura del candidato sindaco di turno ed esporrebbe, a urne chiuse, l’ipotetica futura amministrazione comunale – priva di un progetto organico e condiviso da coloro che risulteranno eletti – alle solite crisi a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Insomma, all’orizzonte in questa situazione si profilerebbe un’altra volta il disastro. Speriamo che i viterbesi se ne rendano conto per tempo e si comportino di conseguenza.
Altra curiosità di questa tornata elettorale è il tentativo di alcune forze politiche di sperare nel traino dei leader nazionali, siano essi Sgarbi, Letta, Meloni o Salvini. Nessuna voglia, ancora una volta, di puntare sulla figura del candidato sindaco: troppo debole, poco conosciuto o poco preparato. Per carità, anche in passato accadeva che venissero a fare comizi i volti noti della tv, ma stavolta i candidati a sindaco si cerca quasi di nasconderli. Una situazione assurda che si fa beffa dell’intelligenza del cittadino, che dovrebbe votare per quel candidato o per quell’altro, non perché lo ritiene preparato e capace, ma perché dietro c’è una faccia importante che si espone per lui. Una faccia che, però, una volta passate le elezioni, neanche si ricorderà più di essere transitata a Viterbo.
Ricapitolando, niente programmi e candidati a sindaco deboli che si cerca di far trainare da un esercito di candidati a consigliere, la maggior parte di quali porteranno solo una manciata di voti a fronte di chissà quali promesse. E, seguendo sempre la stessa logica, candidati a sindaco di cui non si conoscono meriti che per questo motivo vengono appositamente occultati dietro i volti dei leader nazionali sperando che i cittadini abbocchino.
Non è questa la strada per andare in Paradiso.