Sostengono l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro e l’Organizzazione mondiale della sanità che non esistono livelli di sicurezza per le sostanze cancerogene certe come l’arsenico. Motivo per il cui, per quanto riguarda l’acqua, il limite di tollerabilità fissato dall’Unione europea in 10 microgrammi al litro non garantisce di per sé la sicurezza dei cittadini. Questo limite in provincia di Viterbo viene peraltro spesso superato, né da parte di Talete vengono forniti con chiarezza i dati sulle analisi che per legge vanno eseguite a cadenza periodica.
Il problema, fanno notare i Medici per l’ambiente, è che “ricerche e studi in ambito scientifico, anche condotti in forma sperimentale e in laboratorio, da diverso tempo si focalizzano sulle esposizioni a dosi medio-basse di arsenico, in particolare in relazione a malattie cardiovascolari, in primis ischemie cerebrali, cardiopatia ischemica e aterosclerosi, neuro tossicità, malattie della sfera riproduttiva e malattie dismetaboliche”. Tra l’altro, notano in particolare i Medici per l’ambiente, “anche i risultati di uno studio del Dipartimento epidemiologico del sistema sanitario regionale del Lazio sulla popolazione residente nella provincia di Viterbo condotto tra il 1990 e il 2010, e denominato Valutazione epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da arsenico nelle acque potabili, hanno dato un importante contributo circa le evidenze scientifiche degli effetti sulla salute dell’esposizione ad arsenico inorganico per dosi medio-basse, evidenziando come il rischio di mortalità aumenti anche per concentrazioni inferiori agli attuali limite di legge (10 μg/l)”. Vedere: http://www.deplazio.net/it/arsenico-nelle-acque). Lo studio in questione ha preso in esame 165.609 soggetti residenti in 8 Comuni esposti a livelli di arsenico superiori a 20 microgrammi per litro e in Comuni con esposizione a valori di arsenico inferiori a 10 microgrammi e consisteva nel valutare l’associazione tra esposizione cronica ad arsenico ed effetti sulla mortalità in un periodo di 20 anni (1990-2010) definendo indicatori di esposizione individuale per valutare nelle popolazioni esposte possibili effetti sulla mortalità per tumori (polmone, vescica, prostata, fegato, rene) e per malattie croniche (cause cardiovascolari, respiratorie e diabete).
Conclusione: non si può stare tranquilli neanche in presenza di livelli di arsenico rientranti nei limiti fissati dall’Unione europea, motivo per cui, osservano i Medici per l’ambiente, serve “un atteggiamento di maggiore prudenza anche in ossequio al principio di precauzione. Principio che dovrebbe indurre le istituzioni competenti a mettere in atto tutti gli interventi per ridurre al massimo, fino allo zero la presenza di l’arsenico nelle acque”.
Infine, un’altra conferma sulla grande emergenza che interessa la Tuscia, e sulla quale come detto non si nota da parte delle istituzioni la giusta attenzione, arriva anche da uno studio dell’Istituto superiore di sanità, denominato Arsenico urinario quale bio-marcatore dell’esposizione alimentare all’arsenico inorganico in popolazioni residenti in aree ricche di arsenico nel Lazio. Effettuato su soggetti volontari residenti nei comuni di Acquapendente, Canepina, Capranica, Caprarola, Carbognano, Civita Castellana, Fabrica di Roma, Farnese, Lubriano, Marta, Montalto di Castro, Orte, Ronciglione, Tarquinia, Tessennano, Vetralla e Viterbo ha rilevato la presenza di arsenico nel 41% dei campioni, evidenziando esposizioni alimentari all’arsenico inorganico superiori alla media della popolazione generale.