Attività edilizia bloccata in 20 comuni della Tuscia dopo la bocciatura, da parte della Corte costituzionale, del Piano paesistico regionale. Negli uffici tecnici nessuno è in grado di dare risposte alle domande presentate dai cittadini, ad eccezione di quelle riguardanti piccoli interventi di manutenzione. Un danno, lamentano le associazioni di categorie, anche e soprattutto per l’economia.
Sulla vicenda interviene l’Ordine degli architetti del Lazio, che, “per fermare il caos delle procedure”, chiede di prorogare l’efficacia del piano adottato in attesa di adottarne uno nuovo seguendo le indicazioni della Suprema Corte, ossia coinvolgendo nella sua stesura anche il ministero dei beni culturali.
Bisogna “prorogare – si legge in una nota – l’efficacia del Ptpr adottato, consentendo l’applicazione della disciplina urbanistica in vigore. Offrendo, in questo modo una via di uscita all’incertezza normativa e alla confusione procedurale scaturita dall’annullamento operato dalla Corte costituzionale”.
Il documento, indirizzato alla Regione Lazio, in particolare all’assessorato alle politiche abitative e all’urbanistica, esamina e mette in luce le forti criticità del quadro attuale, “che rischia di inibire qualsiasi attività edilizia nelle aree sottoposte a vincolo, individuando una possibile soluzione transitoria per superare l’impasse”.
“E’ una iniziativa – si spiega in una nota – che punta a riportare il focus sui temi concreti, cercando di superare uno sterile braccio di ferro tra istituzioni. Il rischio è che, in una fase di grave incertezza normativa e procedurale come quella attuale, che si traduce in insostenibili lungaggini burocratiche, a farne le spese, in termini di degrado, sia il territorio”.
La complessa situazione attuale, come accennato, è connessa agli effetti della Sentenza della Corte costituzionale del 17 novembre 2020 che ha imposto l’annullamento della deliberazione del Consiglio regionale del 2 agosto 2019 in merito all’approvazione del Piano territoriale paesistico regionale adottato quattordici anni fa (nel 2007). La Consulta, in particolare, ha motivato la decisione con il mancato coinvolgimento del Mibact, a garanzia di un continuo e costante confronto tra Stato e Regioni per assicurare una tutela unitaria del paesaggio. A seguito della citata sentenza, la Regione Lazio e lo stesso ministero per i beni e le attività culturali hanno fornito indicazioni circa l’applicazione della disciplina paesaggistica nel periodo transitorio. Interventi, tuttavia, che non hanno dipanato l’intricata l’applicazione della normativa in materia, con pesanti aggravi sull’attività dei professionisti e il rischio concreto di bloccare qualsiasi tipo di intervento nelle aree soggette a vincolo.
“Tra i principali nodi messi in luce dall’Ordine degli Architetti – spiega la nota – le criticità procedurali, in prevalenza connesse al generalizzato ‘regime di salvaguardia’ che restituisce la direttiva regionale (‘che non tiene conto degli sviluppi degli strumenti di pianificazione e della
regolamentazione d’uso succedutisi a seguito, ed in forza, dell’adozione, nel lontano 2007, del Ptpr’); la ‘frammentazione della disciplina dell’uso dei suoli’ e il rischio di vanificare le attività di programmazione degli enti locali, così come gli investimenti degli operatori sia pubblici che privati (privando di efficacia, di fatto, ‘i numerosissimi strumenti amministrativi di governo del territorio approvati nel regime di adozione del Ptpr’). La più alta criticità, in particolare, emerge laddove il vincolo riguarda i beni sottoposti a ‘vincolo dichiarativo'”.
“Nei fatti – sottolinea il documento – in tutti gli ambiti della regione in cui vige tale vincolo è, sostanzialmente, inibita ogni attività edilizia”.