Nella basilica di San Flaviano a Montefiascone, gremita come non mai, l’ultimo saluto a Aurora Grazini, la sedicenne trovata senza vita dai genitori sabato mattina dopo essere stata visitata, il giorno prima, al pronto soccorso di Belcolle. L’avevano rimandata a casa prescrivendole una visita dallo psicologo. Per la sua morte è indagato per omicidio colposo il primario facente funzioni del pronto soccorso, Daniele Angelini, ma non si esclude che nelle prossime non siano raggiunti da avvisi di garanzia anche altri sanitari. Le indagini della Procura, affidate al pm Eliana Dolce, si annunciano lunghe e complesse. Dirimenti i risultati dell’autopsia, che si conosceranno tra due mesi.
Al termine del rito funebre, dopo i giorni del clamore fatti di servizi televisivi e interviste, l’avvocato della famiglia, Giuseppe Picchiarelli, ha invitato tutti ad abbassare i toni: “Non è giusto – ha affermato – sparare sentenze di colpevolezza a carico di chi al momento è solo indagato. Nessuno – ha aggiunto – può essere trasformato in carnefice quando ancora non si sa con precisione cosa è successo. Siamo in una fase dell’indagine ancora embrionale, per cui è prematuro fare qualsiasi tipo di valutazione. E’ necessario – ha concluso Picchiarelli – evitare che il legittimo desiderio di giustizia si trasformi in desiderio di vendetta”.
Dello stesso tenore la posizione dell’Ordine dei medici, affidata a una dichiarazione del presidente, Antonio Lanzetti, che, associandosi “al grande dolore della famiglia Grazini per l’improvvisa e prematura scomparsa della giovane Aurora”, ritiene però “doveroso rappresentare che quanto appare quotidianamente sulla stampa e nei talk show espone a giudizi sommari una categoria professionale, quella dei medici, che con dedizione, professionalità e umanità svolge il proprio servizio supplendo a volta anche a carenze d’organico e organizzazione. Pur rispettando il diritto di cronaca, riteniamo che non sia proficuo per nessuno portare avanti processi sommari, basati spesso sul ‘sentito dire’, che espongono la categoria a un attacco mediatico inutile per la soluzione del caso concreto, dannoso per l’immagine della sanità tutta e per la fiducia che vi ripongono i cittadini”.
Carenze d’organico e organizzazione, scrive tra le righe Lanzetti. E in effetti il punto è proprio questo: l’esistenza a Viterbo di un sistema, in questo caso quello dell’emergenza, che lascia troppo a desiderare. Pochi sanitari per la mole di ingressi che ogni giorno si registrano al pronto soccorso di Belcolle e in quelli degli ospedali periferici. Ci sono pazienti che prima di essere visitati attendono cinque, sei o addirittura otto o dieci ore. Sai quando arrivi, mai quando esci. Si hanno di testimonianze di persone, anche anziane, che vengono lasciate per lunghissime e interminabili ore sulle barelle senza poter vedere i familiari e nutrirsi. Dall’altra parte della barricata ci sono medici e infermieri che non riescono a “dare il resto”, costretti a correre da una parte all’altra come matti.
E’ su queste situazioni che l’Azienda sanitaria viterbese, e con essa la Regione, è chiamata ad intervenire. E’ questo il nocciolo del problema. Prima di diramare comunicati con cui si mettono le mani avanti, la direzione della Asl dovrebbe perciò interrogarsi sulla funzionalità del sistema. E lo stesso dovrebbe fare la politica.