Tutti zitti. Sui giornali e sui social. Ma l’effetto sortito dalla lettera di Marcello Mariani, socio fondatore di Fondazione Caffeina, agli altri soci sembra un po’ quello di un piccola bomba. Sono in molti infatti in queste ore ad interrogarsi, come Mariani, sulla gestione del sodalizio, a non ritrovarsi nelle decisioni assunte nell’ultimo anno e a dichiararsi, a microfoni spenti, stupefatti delle liti giudiziarie di cui tutti i giorni sono piene le cronache dei giornali. Tutto è avvenuto e avviene all’insaputa degli investitori della prima ora, senza nessuna informativa, come ha fatto notare appunto Mariani.
Lo scontro in atto, le denunce e le indagini della magistratura, che inevitabilmente ci saranno, non piacciono a nessuno. A qualcuno mettono addirittura paura dal momento che, al di là delle conclusioni a cui giungeranno i magistrati, è evidente che la città da tutta questa storia ne esce spaccata a metà. “Penso che una Fondazione che vuole produrre eventi debba prestarsi a ricucirne un tessuto relazionale a beneficio di sviluppo ed innovazione”, ha detto Mariani nella lettera aperta ai colleghi: bene tutto ciò finora non è però avvenuto e il rischio di acuire le lacerazioni, che molti soci non possono permettersi di avallare, pesa sulle scelte che alcuni di loro dovranno compiere.
In questo panorama sconcerta anche l’atteggiamento di Barelli che si muoverebbe, a detta di molti, con troppa disinvoltura da un ruolo all’altro. Da quello di consigliere comunale a quello di avvocato della Fondazione. C’è il timore di aver creato un mostro.