di Carlo Magno
La bella città di Viterbo vede la sua notorietà in un periodo della storia che, nelle logiche degli studiosi, è molto controverso: il Medioevo. Taluni lo considerano periodo buio e nefasto, altri solo un viatico per il seguente splendido Rinascimento. Certamente, in relazione agli accadimenti ed ai soggetti che infarciscono la storia viterbese recente, la splendida cittadina rappresenta solo un involucro di tutto rispetto, in termini di beltà artistiche, rispetto ad un contenuto di soggetti poco edificante. Si leggono fatti, le cui modalità descrittive sono, in alcuni casi, evidentemente tese a continuare con campagne fortemente denigratorie che creano al lettore (almeno quello che riesce a leggerli conoscendone le provenienze) a dir poco brividi alla schiena. E un parterre triste di gravi fatti malavitosi che vede, quali protagonisti, cittadini che, al fine di poter esercitare vendette, ricorrono a mezzi illeciti che arrivano fino a livelli impensabili (purché si perpetri il male e la vendetta tutto è consentito). Nel contempo, si cavalcano notizie giudiziarie, fresche di giornata, non già per denunziare fortemente evidenti congiure contro qualcuno ma con il solo evidente scopo di far riaffiorare, per fortuna solo con il mezzo dello scritto (che talvolta può avere effetti devastanti alla stessa stregua di altri, più incivili e gravi mezzi), una serie di fatti che per anni sono stati raccolti e raccontati con una chiave di esposizione che potesse convincere il popolo che ci fossero briganti alle porte e che, le stesse, dovessero essere chiuse con il chiavistello lasciando solo la Santa Rosa Viterbese a raccogliere le palle di cannone sparate dai predetti ignobili aggressori. Tutto è tombalmente concluso. Il feudatario, i vassalli, valvassini e valvassori dovranno mettersi l’anima in pace. L’ignobile congiura che avevano ordito, ognuno con il proprio nefasto compito di assediare e dare alle fiamme il maniero nemico, è fallita e l’ultimo atto è stato scritto. Purtroppo, anche nel descrivere l’ultimo accadimento si è preferita alla spuria e semplice indicazione delle circostanze una riesumazione che evidenzia una logica di riverenza al feudatario mai pacata. La constatazione, amara purtroppo, nasce dalla evidente utilizzazione di un sistema che si fonda su logiche medievali, le più bieche e di basso profilo che vedono come componenti soggetti di infimo livello culturale e morale che tentano di annientare tutti coloro che hanno avuto (ed avranno probabilmente) ruoli di spicco nell’italico regno utilizzando ogni mezzo lecito ed illecito e riuscendo a coinvolgere nel loro disegno anche coloro che mai avrebbero dovuto essere della partita. Assistere a tali pietosi spettacoli, in cui gli attori non possono anche essere appellati come tali perché avrebbero il privilegio del protagonismo ma che sono solo mediocri comparse (seppure con velleità di voler assurgere il ruolo di docenti), crea in noi una sensazione (chiamarlo sentimento sarebbe troppo nobile) che ci porta alla fisiologica lontananza cercando di schivare, con attenzione, l’ostacolo come accade quando si cammina in un prato in cui sono portati graziosi animali domestici con padroni distratti, in tutto ciò e nella logica di quel rigurgito di onestà che affiora ogni volta che si affrontano temi di evidenti illegalità ci viene da pensare se questa città, in cui il segno del Medioevo è evidente nei luoghi e monumenti che la rappresentano riuscirà mai, attraverso i propri uomini a vivere e sposare il Rinascimento.