Vittorio Sgarbi alla conquista della Tuscia. Vinto il Comune di Sutri, il noto critico d’arte deve aver immaginato che in fondo… sì, il Viterbese offre praterie sconfinate per dare sfogo al suo ego e non solo a quello. Meglio la campagna che la città – deve essersi detto tra sé e sé – più conveniente avere a che fare con i contadini (nell’accezione aulica del termine, cioè abitanti del contado) che con la concorrenza romana che non ti fa toccare palla. Eccolo allora scorrazzare da una parte all’altra della provincia, forte dell’appeal mediatico che sa di esercitare su chi, mai andato oltre l’uscio di casa sua, non aspetta altro che l’apparizione di un messia di cui compiacersi.
L’ultima tappa di queste divine apparizioni sgarbiane è stato l’incantevole borgo di Bassano in Teverina, dove, per la gioia di quel grande statista che è Alessandro Romoli, ha visitato qualche chiesa e il centro storico. “Dobbiamo puntare sul nostro patrimonio storico – ha subito sentenziato il primo cittadino – e la venuta di Sgarbi deve inaugurare l’inizio di un percorso virtuoso in questa direzione”.
Ora, a parte il fatto che non si capisce quale sia il patrimonio di Bassano – a meno che per storico non si intenda il posticcio restauro del paese vecchio o lo stagliarsi dell’autostrada, della ferrovia e della super strada nell’orizzonte rurale del paese – la soddisfazione di Romoli la dice lunga sull’atteggiamento mentale dell’attuale classe dirigente viterbese, alla ricerca ormai solo di qualche occasione per scattare un po’ di foto con cui invadere il web e le redazioni dei giornali on line.
Senza con ciò voler nulla togliere a Sgarbi – bravissimo manager di se stesso e studioso di indubbie capacità – sale dunque l’amarezza nel vedere la nostra provincia ridotta così, una sorta di ultima provincia dell’impero senza possibilità di autodeterminarsi.