“Una vergogna”. Non usa mezzi il segretario provinciale del sindacato infermieristico Nursing Up Mario Perazzoni per definire l’ultimo “scippo” subito dalla provincia di Viterbo: il trasferimento a Rieti della centrale operativa del 118, a partire dalla metà di giugno. Contro l’accorpamento, che era nell’aria da anni ma che ha subìto un’accelerazione all’indomani della rielezione di Zingaretti alla presidenza della Regione Lazio, si è scatenata una vera e propria sollevazione sui social network, come dimostra la pioggia di contatti e di reazioni alla notizia data dal nostro sito.
“La provincia di Rieti è la metà di quella di Viterbo. A parte il capoluogo, solo un Comune sabino supera gli 8 mila abitanti. Non si capisce quindi il perché debba essere Viterbo a cedere la centrale operativa”, nota Perazzoni.
In realtà il perché è da far risalire alla natura estremamente sismica del territorio reatino. Inizialmente l’ipotesi era infatti di posizionare la centrale operativa del 118 unificata a Orte, dove c’è una struttura idonea ad ospitarla, o a Magliano Sabina, zone di frontiera tra le due province. Ma dopo il terremoto del Centro Italia, che ha raso al suolo Amatrice e Accumoli, si è deciso di optare per Rieti.

Per il segretario del Nursing l’accorpamento poteva essere evitato. “Non stiamo parlando di Camera di commercio – sottolinea Perazzoni – ma di un servizio d’emergenza. Che succederà quando da Castel Sant’Elia o da Tessennano partirà una richiesta di soccorso al 118 e risponderà un operatore di Rieti che nemmeno sa dove si trovano questi piccoli comuni e dovrà andarli a cercare su internet?”.
Il malumore, stando alle indiscrezioni, sarebbe forte anche all’interno degli stessi operatori del 118, un’ottantina in tutto, di cui due, a turno, impiegati alla consolle della centrale operativa. Nessuno di loro sa cosa succederà. Possibile che alcuni dovranno fare i bagagli e trasferirsi a 100 km di distanza, quanto meno inizialmente per “formare” i colleghi reatini spiegando loro un po’ di geografia viterbese.