Dopo Barbarossa e dopo Alessandro IV, Filippo Rossi. Giovanni Faperdue, giornalista, scrittore, storico viterbese e grande esperto di termalismo, non ha dubbi: era dai tempi del sovrano Federico I di Hohenstaufen (absit iniuria verbi), che donò a Viterbo il titolo di città, o di quelli del pontefice che a Viterbo spostò la sede papale, che il capoluogo della Tuscia non conosceva un personaggio in grado di donare così tanto lustro alla Vetus Urbs.
Nell’attesa che le prossime edizioni dei libri di storia riportino anche le gesta di Filippo il Grosso – da Caffeina al Christmas Village – , Faperdue avverte lo Stupor Mundi de’ noantri che mai e poi mai dovrà compiere passi indietro a favore di Francesco Serra, sacrificando le magnifiche sorti e futuriste della città dei papi sull’altare di qualche governicchio locale. “Se il candidato dell’Area civica non dovesse essere Filippo Rossi, sono pronto a ritirare la mia di candidatura”, chiarisce il giornalista, che non ha alcuna intenzione di portare l’acqua (ovviamente termale) a Serra e a Panunzi. Faperdue può stare però tranquillo: Rossi non ha alcuna intenzione di abdicare al suo regno e a quello di Caffeina. Che, come quello dei cieli, non avrà mai fine.