Idee poche e pure un po’ confuse. E’ la sensazione che si ricava, almeno in questo momento, osservando le mosse del movimento Viterbo 2020, che stamattina, giorno di San Valentino, ha tenuto una conferenza stampa per celebrare il patto di amore (testuale) che lega Chiara Frontini (mica solo lei, però) alla città. Guardando oltre gli slogan – vedere i manifesti con la scritta E’ ora – l’appuntamento si è rivelato una mezza delusione per quanti si aspettavano l’annuncio della terza discesa in campo della “pasionaria” civica.
La diretta interessata ha infatti evitato tutte le domande sul tema, cercando di rilanciare la palla nella platea degli intervistatori: “Prima di parlare di nomi, bisogna parlare di programmi. Noi facciamo così”. I giornalisti, trattati come scolaretti al primo giorno di scuola dalla maestrina secchiona che sale in cattedra, si sono insomma ritrovati costretti ad appuntare quella che è una verità – i programmi, prima dei nomi – talmente banale e calzabile a tutte le latitudini del pianeta che come tale si trasforma in una banalità. Senza contare che, in assenza di teste capaci di realizzarli, i programmi sarebbero destinati a fallire e perciò, piuttosto che anteporli alle persone, non dovrebbero essere scissi dai nomi di chi dovrebbe essere chiamato ad attuarli. Anche perché le idee sono per loro stessa natura frutto di cervelli pensanti e cioè del pensiero di persone in carne ed ossa chiamate, oltre che a spremersi le meningi per partorirle, anche a mostrare di avere la capacità di realizzarle.
Chiara Frontini non è una stupida e senz’altro è furba, per cui la verità è un’altra: nell’attesa di conoscere le mosse degli altri e soprattutto di capire se ha qualche speranza di accasarsi come candidata sindaco nel centrodestra, è tatticamente costretta a lasciare tutti nel dubbio senza rinunciare a iniziative spot studiate per ricordare a chi la segue che lei c’è ed è pronta, in un verso o nell’altro, a ributtarsi nella mischia.
Fatto sta che stamattina, frustrata la legittima curiosità degli astanti di sapere cosa vuol fare, la “capa” di Viterbo 2020 si è dovuta accontentare di parlare di cultura, affidandosi alla parlantina di Alfonso Antoniozzi, candidato a diventare assessore al ramo. Tutte giuste le cose dette, ma anche qui siamo alle solite: sempre la stessa minestra riscaldata. La cultura per far rivivere la città: è certo, alzi la mano chi non è d’accordo. Il teatro come centro pulsante della vita cittadina, l’Unione da far tornare al centro delle politiche culturali pubbliche creando una stagione sperimentale, una stagione amatoriale e una stagione per ragazzi. Poi le associazioni da valorizzare e da incrementare: come se a Viterbo ce ne fossero poche. E infine Ferento da trasformare in location per la stagione teatrale estiva: no, perché adesso a Ferento a luglio e agosto ci si va a prendere il sole?