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Home » Territorio » Allevamenti avicoli e rischio ambientale: il Tg1 entra in una struttura del Viterbese

Allevamenti avicoli e rischio ambientale: il Tg1 entra in una struttura del Viterbese

14 Febbraio 2022

Una situazione gravissima, specie durante un’epidemia di aviaria senza precedenti, come quella che da mesi ha colpito l’Italia e l’Europa: sofferenze animali, carenze igieniche e degrado ambientale, in un pericoloso mix che rischierebbe di trasformarsi in una bomba ad orologeria anche per le persone.  

E’ quanto mostrato dalle telecamere del Tg1 nel servizio andato in onda il 14 febbraio, in cui il giornalista Lorenzo Santorelli, accompagnato dalla squadra investigativa Lav, è entrato in un allevamento già oggetto di denuncia da parte dell’associazione. Gli investigatori hanno scoperto una discarica abusiva dove gli animali morti vengono ammassati e ricoperti, ciclo dopo ciclo, con carcasse in decomposizione, che possono venire a contatto anche con gli animali selvatici, amplificando la possibilità di diffondere patogeni. “Una condotta illecita – dice Lav – che mette a rischio la collettività e gli animali stessi. Le carcasse, infatti, sono rifiuti speciali e la legge prevede che debbano essere stoccate in apposite celle di congelamento e successivamente conferite a ditte autorizzate per il loro smaltimento”. 

All’interno della struttura le carcasse sono invece a stretto contatto con gli animali vivi e lo stato di sovraffollamento è grave, nonostante l’allevamento abbia a disposizione zone all’aperto che appaiono mai utilizzate: “Situazioni come quelle rivelate dalla nostra squadra investigativa – dichiara Lorenza Bianchi, responsabile Lav area animali negli allevamenti – sono inaccettabili, non solo per le condizioni degli animali, sottoposti a sofferenze e sfruttamento, ma anche per il grave rischio ambientale e sanitario che esse comportano. A ciò si lega il grande tema dei controlli negli allevamenti, che da anni chiediamo vengano intensificati e resi maggiormente efficaci. E ci domandiamo: com’è possibile che a un mese e mezzo dalla nostra denuncia, corredata da abbondante materiale video, non ci sia stato alcun intervento da parte delle autorità competenti e la situazione resti completamente immutata? Siamo di fronte a un rischio elevato alla luce dell’attuale epidemia di influenza aviaria in corso in Europa e che ha già toccato il Lazio. Dalla pandemia dovremmo aver imparato che non possiamo continuare a basare la nostra presenza su questo pianeta sullo sfruttamento degli animali e sulla distruzione dell’ambiente: è necessario riconoscere il ruolo chiave dell’allevamento nell’insorgenza e nella diffusione di malattie emergenti, mettendo in discussione il nostro sistema agroalimentare basato su produzione e consumo di prodotti di origine animale e spostando i finanziamenti pubblici dagli allevamenti alla produzione di alimenti vegetali”.

Nel mirino della Lav il territorio che si estende per circa 20 km tra i comuni di Grotte Santo Stefano, Bomarzo e Montefiascone, dove nel corso degli ultimi anni sono sorte circa 40 strutture di allevamento di polli da carne, galline ovaiole e tacchini. In quest’area, le stime parlano di un rapporto di circa 700 animali per abitante. A seguito delle proteste della popolazione e della grave epidemia di influenza aviaria che ha colpito l’Europa e l’Italia, con un focolaio anche nel Lazio, la squadra investigativa Lav, che negli scorsi anni aveva già ispezionato alcune delle strutture del territorio, era tornata sul luogo a dicembre 2021 per indagare le condizioni degli animali, “portando alla luce nuove evidenze”. “Sulla base di queste evidenze – spiega Lav – il 21 dicembre scorso è stata presentata denuncia per uccisione e maltrattamento di animali e per gestione illegittima di rifiuti. Inoltre, sempre nel corso del 2021 l’associazione è stata a fianco del comitato Copattrim nel ricorso contro la costruzione di un’ulteriore struttura nel Comune di Montefiascone, destinata a confinare 40.000 galline sfruttate per la produzione di uova. A seguito dell’ordinanza del Consiglio di Stato, i lavori sono attualmente fermi, in attesa dell’udienza di merito fissata per la prossima primavera”.

“Nella zona oggetto dell’investigazione – spiega infine la Lav – l’altissima concentrazione di allevamenti ha gravi ripercussioni sull’ambiente e sulla salute umana a causa delle elevate emissioni di ammoniaca e della conseguente formazione di particolato, che, unito all’incremento del traffico pesante per la movimentazione degli animali, ha contribuito ad un netto peggioramento della qualità dell’aria e dei problemi respiratori tra la popolazione. Proprio per questo motivo, sono numerose le proteste avviate dai cittadini nel corso degli anni, come una petizione su change.org, ora chiusa, che aveva raccolto oltre 22 mila firme. Oltre alle implicazioni su salute e territorio, le immagini raccolte dagli investigatori a partire dal 2018 ad oggi mostrano le terribili condizioni in cui sono tenuti gli animali all’interno delle strutture, anche in allevamenti biologici: negli anni passati, gli investigatori hanno documentato animali con comportamenti stereotipati, in condizioni igienico-sanitarie non adeguate ed in stato di grave sovraffollamento. Sono documentati anche i corpi degli animali deceduti abbandonati a contatto con gli animali vivi e animali feriti lasciati senza cure, situazione che costituisce il terreno ideale per la proliferazione di infezioni ed epidemie”.  

E’ anche per questo che, all’inizio dell’emergenza Covid, Lav ha lanciato il suo manifesto Non torniamo come prima per cambiare il nostro rapporto con animali e ambiente e fare in modo che questa pandemia sia l’ultima: www.lav.it/manifesto  

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