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Home » Cronaca » Professore ucciso, nella confessione dell’omicida troppi buchi neri

Professore ucciso, nella confessione dell’omicida troppi buchi neri

13 Dicembre 2021

La confessione dell’omicidio da parte di Claudio Cesaris non è sufficiente a dichiarare risolto il caso della morte del professore dell’Unitus Dario Angeletti. Troppi buchi nel racconto fornito agli inquirenti dal 68enne tecnico universitario lombardo accecato dalla gelosia per una ricercatrice neanche quarantenne arrivata un anno fa a Viterbo per lavorare presso il dipartimento di Angeletti.

Innanzitutto, fa acqua la storia della pistola, che Cesaris sostiene di aver trovato durante un’escursione in campagna e di aver poi buttato da qualche parte dopo aver sparato al professore. L’arma non è stata infatti ancora ritrovata, ma soprattutto l’accertamento della sua provenienza sarebbe un elemento centrale per stabilire la premeditazione del delitto, come tutto lascia intendere, contrariamente all’affermazione dell’arrestato, che sostiene invece di essere stato colto da un raptus. Si è scopre poi che i colpi sparati sarebbero stati due, e non uno, come dimostrano i due fori accertati nella nuca della vittima. Al riguardo, oggi sono tornati sul luogo del delitto i ris, che hanno di nuovo passato al setaccio il parcheggio delle saline alla ricerca del secondo bossolo. Hanno inoltre compiuto nuovi rilievi anche sull’auto della vittima e su quella dell’omicida.

Non quadra nel complesso la dinamica dell’omicidio. In base all’analisi dei filmati delle telecamere è emerso infatti che, contrariamente a quanto si era pensato in un primo momento, non ci sarebbe stato alcuni inseguimento. Molto più semplicemente Cesaris al momento dell’arrivo del professore si sarebbe trovato già nel parcheggio. Non solo: lasciata l’auto a qualche centinaio di metri di distanza, si sarebbe diretto a piedi verso la Volvo del professore. Dove è salito sul lato passeggero, quindi ha sparato e poi è scappato. Cesaris ha inoltre detto di non conoscere Angeletti, ma la conferma di ciò potrà avvenire solo dall’esame dei telefonini e di altri strumenti informatici che i carabinieri hanno sequestrato e che ora sono stati affidati a un informatico per estrapolarne le memorie.

In tutto questo contesto, diventeranno centrali le deposizioni della ricercatrice, che dovrà spiegare il tipo di rapporto che aveva con l’uno e con l’altro, e quindi confermare se i due veramente non si conoscevano.

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