Come può, una forza politica tradizionalmente inquadrata in un determinato schieramento, ma soprattutto all’interno del quale si è sottoposta al giudizio degli elettori anche alle recenti elezioni comunali, virare all’improvviso di 180 gradi e allearsi alle provinciali con gli stessi avversari combattuti fino a poche settimane fa? Tanto più che per la Provincia votano, non i cittadini, ma i consiglieri che dai cittadini hanno ricevuto un mandato sulla base del programma politico di coalizione presentato durante la campagna elettorale per il Comune?
Se lo chiedono in queste ore decine di amministratori di Forza Italia e del Pd dopo, sembra, la decisione dei “dominus” Francesco Battistoni ed Enrico Panunzi di allearsi e candidare alla presidenza di Palazzo Gentili il sindaco di Bassano in Teverina, Alessandro Romoli, nell’ambito di un accordo di cui si sussurrava da tempo e che ora si sta manifestando alla luce del sole. Secondo molti degli stessi militanti di Pd e Forza Italia, i due partiti così facendo vanno in frantumi, ma probabilmente – si fa notare – esistono strategie di altra natura, note solo ai vertici, a cominciare da chi tenta il tutto per tutto per evitare di restare a casa alle prossime elezioni politiche e regionali. Solo così si può spiegare questa decisione, giunta al termine di settimane convulse con scontri a tutti i livelli, dentro e fuori i partiti. Per quanto riguarda Forza Italia, lo stesso coordinatore provinciale, Andrea Di Sorte, contrario all’operazione, alla fine sarebbe stato ricondotto a più miti consigli da Battistoni, tanto che in una riunione di venerdì ha tentato inutilmente di spiegare la bontà del progetto che per giorni e giorni aveva contestato. Qualcuno ha sussurrato: “Ma ci sta prendendo per il culo?”.
La verità è che c’è un accordo di ferro tra Battistoni e Panunzi, ma non è dato sapere al momento su quali basi sia stato siglato. Lo si capirà in seguito. Ma è talmente di ferro che Romoli ha addirittura rifiutato di fare il candidato del centrodestra unito: “Sono felice di avere Lega e FdI con me, ma resta dentro anche il Pd. Senza il Pd non mi candido”. In altri termini, il ragionamento è stato più o meno questo: “O listone unico con tutti dentro, destra e sinistra, o io e Forza Italia, dovendo scegliere, andiamo con la sinistra”. Secondo l’accordo, alla carica di vice presidente, se Romoli vincerà, andrà l’attuale presidente Pietro Nocchi.
Al momento la situazione è la seguente: da una parte Forza Italia e Pd, dall’altra Lega e FdI. Al riguardo, si racconta di un Giovanni Arena con gli occhi sbarrati, letteralmente terrorizzato per un’eventuale caduta del Comune o anche, se la caduta non ci sarà, visto che nessuno vuole andare a casa, per l’impossibilità di continuare di fatto a fare il sindaco. Quello di Arena, nella migliori delle ipotesi, da qui alla fine della legislatura sarà un ruolo privato di qualsiasi potere. Dovrà accontentarsi di recitare una parte che non gli appartiene più, una parte che gli hanno rubato, mentre Panunzi e Battistoni ragioneranno su un nome nuovo da candidare nel 2023. Un nome che, statene certi, non sarà comunque né quello dell’uno, né quello dell’altro, che i viterbesi boccerebbero subito senza starci neanche a pensare.
Su questo scenario incombe ora solo la decisione dei vertici romani del centrodestra e del centrosinistra che dovranno spiegare come farà Viterbo ad essere provincia franca dalla politica nazionale e regionale. Provincia dove il partito dell’inciucio uccide la politica e i partiti. Chi vivrà vedrà.