La vicenda del 21enne egiziano morto suicida nel 2018 nel carcere di Mammagialla, che il Giornale ha equiparato al caso Regeni (a parte invertite) dopo la fissazione nel 2024 dell’udienza chiesta dalle associazioni umanitarie contro l’archiviazione del caso decisa dal giudice di Viterbo, ha suscitato una dura reazione del garante regionale dei dei detenuti.
“C’è solo una motivazione pronunciabile – ha detto Stefano Anastasìa – al decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Viterbo che il 30 luglio del 2020 ha fissato al 7 marzo del 2024 (quattro anni dopo) l’udienza contro la richiesta di archiviazione del procedimento penale relativo alla morte di Hassan Sharaf, avvenuta a seguito di un tentativo di suicidio nel carcere di Viterbo il 23 luglio del 2018: la bancarotta, se non dell’intero sistema della giustizia, quanto meno del Tribunale di Viterbo”.
“Spero che il giudice competente abbia segnalato il caso al presidente del Tribunale – prosegue Anastasìa – se non al ministro e al Consiglio superiore della magistratura. Non è ammissibile che un procedimento penale su un caso di morte avvenuto in carcere sia sospeso per quattro anni in attesa della decisione del giudice sulla richiesta di archiviazione della Procura”.
Anastasìa era già intervenuto sul caso poco dopo il decesso del giovane, segnalando all’autorità giudiziaria quanto lo stesso giovane gli aveva riferito: ossia che era stato più volte pestato dalle guardie. Per questo era stato chiesto l’allontanamento del ragazzo da Mammagialla. Allontanamento mai avvenuto.