Sono completamente “false e mistificatorie” – dice il Comitato non ce la beviamo – le affermazioni che sarebbero state espresse in sede di conferenza stampa dai vertici del servizio idrico riguardo al fatto che l’alta morosità degli utenti sia da ricondurre in tutto o in parte alle attività del Comitato.
“E’ paradossale – dice Non ce la beviamo – che si attribuisca ad un comitato spontaneo di cittadini la responsabilità della gestione delle riscossioni delle bollette quando abbiamo sempre sostenuto che i servizi pubblici vanno pagati ma che, proprio a tal fine, le tariffe debbono essere accessibili a tutti in quanto l’acqua è un bene comune indispensabile ad ogni essere umano. Leggendo certe dichiarazioni appare, invece, evidente la ricerca di un capro espiatorio che possa giustificare l’inadeguatezza delle gestioni sin qui condotte”.
A chi vuol far credere che la conferenza stampa dei vertici dell’Ato e di Talete sia stata una operazione di trasparenza, Non ce la beviamo risponde che la trasparenza non si fa con le “chiacchiere ma con carte alla mano”. “Quindi si tiri fuori ufficialmente il registro dei morosi; siamo molto curiosi di vedere se questi crediti inesigibili (così vengono menzionati) siano solo in capo a cittadini che hanno pure subito il distacco o a enti e grosse società. L’unica cosa che si coglie dalla conferenza stampa è che nell’aria c’è una grande frenesia di privatizzazione e che il Comitato viene attaccato in quanto ostacolo a tale progetto”.
“Il piano di privatizzazione – rimarca il Comitato – si sta portando avanti calpestando tutte le regole democratiche in atto come dimostra la vicenda del bando di manifestazione di interesse per la cessione del 40% delle quote ai privati, bloccato dal prefetto a seguito dell’esposto presentato da questo Comitato, che da solo ha avviato interlocuzioni con l’assessorato regionale e con altre amministrazioni per pervenire a delle soluzioni. Siamo coscienti che la battaglia per la ripubblicizzazione dell’acqua è complicata perché pesta i piedi ai grandi interessi ma non impossibile come ci vogliono far credere i nostri amministratori; esistono in Italia esempi eccellenti di gestione pubblica. La scelta è politica e sta ai sindaci ed ai Consigli comunali decidere se amministrare i beni comuni o svenderli tradendo le proprie comunità. Di certo noi non resteremo a guardare”.