Turni giornalieri anche di 12 ore al giorno, assenza di sicurezza e salari il più delle volte da fame.
L’Usb torna a denunciare la drammatica situazione vissuta da molti braccianti agricoli (in particolare impegnati nella raccolta di frutta e verdura) anche in provincia di Viterbo. “Il contatto diretto con questi lavoratori, in maggior parte di origine africana – denuncia il sindacato – ha fatto emergere condizioni di sfruttamento fatte di turni di 10-12 ore al giorno e paghe che non superano i tre euro l’ora. Poi ci sono i lavoratori pagati a cottimo, 2 euro ogni quintale di patate, il pagamento è a fine giornata solo se si è raggiunto il minimo stabilito dal datore. Nella Tuscia, l’88% dei braccianti lavora per più di cinque giorni a settimana, di cui il 14 % tutti e sette i giorni, senza conoscere riposo, riposo, ferie né tantomeno malattia. Il lavoratore che si ferma o si lamenta rischia di non essere più chiamato o direttamente cacciato, ovviamente a voce, senza alcuna vera motivazione o formalizzazione di licenziamento. Il datore decide sulla vita e sui diritti dei dipendenti”.
Secondo l’Usb “mancano completamente le misure minime di salute e sicurezza, non esistono mascherine, guanti né tantomeno protezioni contro il sole. I braccianti sono costretti a guidare mezzi agricoli senza aver ricevuto alcuna formazione e senza avere il necessario patentino, privi così di qualsiasi risarcimento in caso di infortunio. La stessa insicurezza esiste nel raggiungere o lasciare i campi: i lavoratori si muovono in vie buie in bicicletta o monopattino, invisibili alle auto che sfrecciano. Le aziende e il Comune, nonostante le nostre segnalazioni, sono completamente silenti e disinteressati a fornire una modalità sicura per raggiungere il posto di lavoro, come per esempio pullmini o navette”.
Secondo l’Ispettorato del lavoro sarebbero fuori norma un’azienda su due fra quelle sottoposte a ispezione, tenendo conto delle enormi difficoltà ad effettuare controlli sia per la carenza di personale sia per la facciata di legalità di cui si vestono le aziende: “La maggior parte dei braccianti infatti non è completamente in nero, ma ha contratti stagionali o a tempo determinato con circa 20 ore settimanali segnate. Solo un lavoratore su venti effettua poche ore di formazione per la sicurezza”. “Per questo – conclude l’Usb – non smetteremo mai di denunciare le condizioni di sfruttamento e di caporalato in cui sono costretti i braccianti nel Viterbese”.