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Home » Cronaca » Bruciati dal Covid 400 posti di lavoro

Bruciati dal Covid 400 posti di lavoro

24 Marzo 2021

Ammontano a quattrocento i posti di lavoro che la pandemia ha bruciato nel 2020 in tutto il territorio della Tuscia. Una cifra – che se paragonata alle altre province – può sembrare a prima vista contenuta. Ma che a ben vedere è lo specchio di una discesa agli inferi iniziata nel lontano 2016. Questo è altro emerge dal dossier che la Uil del Lazio e l’istituto di ricerca Eures hanno realizzato su dati Istat per fotografare il mercato del lavoro nel Lazio al tempo della pandemia e che la Uil di Viterbo ha approfondito focalizzando l’attenzione sulla sua provincia.

Ogni territorio ha pagato un prezzo elevato al lockdown, alle zone rosse e alle altre limitazioni imposte per contenere la diffusione del virus. Roma, con un -2,8 percento, ha infatti registrato la perdita più consistente di lavoratori e lavoratrici. Stessa sorte si è abbattuta su Rieti e Latina, che hanno rispettivamente raggiunto indici negativi pari all’1 per cento e allo 0,6 per cento. In questo contesto di differenze occupazionali tra il 2019 e il 2020, la nostra provincia si contraddistingue per un valore negativo dello 0,3 per cento. “Che tradotto in numeri assoluti – spiega Giancarlo Turchetti, segretario della Uil di Viterbo – significa 400 posti di lavoro in meno rispetto al 2019, quando gli occupati erano 113600. Ma tornado indietro negli anni, scopriamo che le donne e gli uomini occupati nel viterbese nel 2018 erano 115700 mentre nel 2016 erano quasi 118mila. Stiamo parlando di un calo costante e continuo che fa di Viterbo l’unica provincia del Lazio ad aver registrato una quinquennale perdita di posti di lavoro”.

Sfogliano il dossier scopriamo le criticità di genere. Gli effetti avversi della pandemia sono ricaduti più sulle donne che sugli uomini, tant’è nel 2020 il lavoro femminile nel Lazio ha mostrato un decremento del 3,1 per cento, con una perdita in termini assoluti di lavoratrici pari a 33mila unità. “Anche in questo specifico settore – prosegue Turchetti – la Tuscia, dopo Roma, è quella con la percentuale più elevata di contrazione dell’occupazione al femminile (-3,8 per cento)”.

E ancora: su scala regionale, il virus ha fatto scendere il numero degli occupati di 47mila unità, un decremento del 2 per cento rispetto al 2019. Per ritrovare una contrazione simile bisogna ritornare al secolo scorso, quando nel 1994 si erano registrati 49mila occupati in meno rispetto al 1993. Penalizzati ovunque i giovani, tra le cui fila l’occupazione è scesa di oltre il 5 per cento, con una perdita su scala regionale di oltre ventiseimila occupati con meno di 35 anni.

Il decremento occupazionale della Tuscia è determinato da lavoratori del terziario, specie le persone i cui contratti erano a termine. Tiene invece l’occupazione nel settore dell’industria, mentre il settore agricolo ha registrato un consistente (lieve) incremento. Ma a preoccupare c’è il dato degli inattivi, in crescita costante in tutto il Lazio: sono stati 60mila in più nel 2020, più 4.9 per cento rispetto all’anno precedente. “Nel nostro territorio – aggiunge l’esponente sindacale – sono oltre settantottomila: un piccolo esercito di uomini e donne che non lavorano né cercano occupazione perché scoraggiarti”.

“Il panorama è desolante – conclude Turchetti – soltanto gli ammortizzatori sociali sono riusciti in parte a tamponare una situazione che alla lunga può lacerare irrimediabilmente il tessuto sociale dei nostri territori. Un dato aiuta a farsi un’idea: tra ordinaria, straordinaria e in deroga, nella Tuscia sono state concesse quasi 8,5 milioni di ore di cassa integrazione, che hanno salvaguardato il posto di lavoro a 4810 persone e altrettante famiglie. E’ per questo che la proroga dei licenziamenti e della cassa integrazione fino al termine dell’emergenza sanitaria resta per la Uil una assoluta priorità”.

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