Lazio in zona rossa. Sale la protesta anche in provincia di Viterbo, dove il contagio mostra, pur tra alti e bassi giornalieri, segnali di arretramento. Giungono notizie di petizioni popolari, organizzate da artigiani e commercianti, partendo dal presupposto che con i numeri attuali la Tuscia poteva restare tranquillamente in fascia gialla, al massimo sarebbe potuta passare in arancione. E’ anche vero però che a novembre, quando proprio qui si registrava un rt tra i più alti d’Italia, i viterbesi hanno potuto giovare della loro appartenenza al Lazio, se è vero che siamo sempre stati in fascia gialla nonostante il rischio contagio fosse tra i più elevati del Paese.
Qualcuno in Consiglio comunale, vedi Chiara Frontini o i rappresentanti di Fratelli d’Italia, chiede al sindaco Arena di farsi portavoce presso la Regione e il Governo del malessere della città per un provvedimento che nessuno si aspettava. Lui però, da quanto si apprende, difficilmente farà passi ufficiali in questa direzione, un po’ perché è nello stile di Arena non entrare mai in contrasto con i livelli superiori, un po’ perché stavolta contestare il Governo significherebbe contestare anche Forza Italia, ben rappresentata all’interno della compagine Draghi, un po’ perché Arena è anche convinto che i sacrifici di oggi potrebbero tornare utili domani.
Da notare, a sottolineare il cambio di strategia di Forza Italia rispetto a quando le decisioni le prendeva Conte, anche l’atteggiamento di Battistoni, che sabato pomeriggio, in conferenza stampa, interrogato sull’argomento, si è limitato a dire che è stato necessario visto l’aumento dell’rt. Cambiano i governi e cambia il modo di vedere le cose. Purtroppo.
Chi, pur stando al Governo, non vuole invece accettare la stretta decisa a Roma è la Lega, che, tramite il consigliere Pasquale Ciacciarelli, chiede all’assessore alla sanità, Alessio D’Amato, di impugnare le restrizioni: “E’ assurdo far passare il Lazio da giallo a rosso, senza neanche passare per l’arancione, con il numero di contagi ampiamente sotto la soglia limite. In pratica si chiude per dati vecchi di 14 giorni, soltanto facendo riferimento al parametro rt. E’ una decisone scellerata che penalizzerà ancor di più attività come centri estetici, parrucchieri, ristorazione, bar e strutture sportive. L’assessore regionale alla Sanità D’Amato deve impugnare il provvedimento”.