Anche il Comitato per la salvaguardia del territorio di Corchiano e della Tuscia ha presentato alla Sogin le osservazioni contro il deposito delle scorie nucleari redatte dall’avvocato Vanessa Ranieri, dalla geologa Laura Amicucci e dall’archeologa Elena Foddai.
L’avvocato Ranieri ha posto l’attenzione sulla vocazione agricola delle comunità della Tuscia in generale e delle aree individuate in particolare, sottolineando l’incompatibilità del deposito di rifiuti radioattivi con le eccellenti produzioni che da secoli contraddistinguono sia la cultura che l’esistenza stessa della provincia di Viterbo.
Altro aspetto fondamentale, preso in considerazione è l’esistenza di una fitta rete di zone ad interesse comunitario, zone speciali di conservazione, parchi naturalistici e monumenti naturali, realtà consolidate e vincolanti che cozzano violentemente con l’ipotesi di realizzazione di un deposito di rifiuti radioattivi. Infine è stata posta all’attenzione della Sogin il fatto che le aree prese in considerazione sono pressoché adiacenti ai centri abitati di Corchiano, Vignanello, Gallese e Vasanello e che in prossimità delle aree VT15 e VT16 esistono un impianto di compressione del gas metano ed una fabbrica di esplosivi .
La geologa Laura Amicucci ha messo invece in evidenza la presenza di moltissime falde acquifere superficiali, presenti in tutte le aree indicate dalla Cnapi, non evidenziate nelle relazioni tecniche pubblicate dalla Sogin.
Falde che ora sono state georeferenziate, accatastate e segnalate rappresentando anche un aggiornamento delle carte geologiche. La geologa, avvalendosi inoltre della consulenza di una collega tedesca, ha messo inoltre in risalto che i valori di conducibilità idraulica presenti in queste falde, in base ai criteri di esclusione adottati dalla International Atomic Energia Agency, non sono compatibili con la realizzazione di un deposito di rifiuti nucleari.
Infine, l’archeologa Elena Foddai, che ha mappato ed evidenziato sistematicamente le numerosissime presenze archeologiche esistenti nelle quattro aree prese in esame. Un’attenzione particolare è stata posta agli sviluppi futuri delle indagini archeologiche appena avviate, sviluppi che potrebbero essere interrotti nell’eventuale realizzazione della discarica. Dal documento è emersa una imponente presenza di magnifiche opere del passato, quasi del tutto ancora da scoprire e studiare.
“Si tratta di un lavoro – sostiene il presidente del Comitato, Rodolfo Ridolfi – che rende chiarissima l’incompatibilità della ipotesi di stoccaggio di scorie nucleari con la nostra vocazione, la nostra storia, le nostre produzioni tipiche, le aree di grande valore naturalistico riconosciute a livello internazionale e con la prossimità ai centri abitati. Sarebbe anche rischioso ipotizzare il deposito vicino ad un imponente impianto di compressione del metano e ad una grande fabbrica di esplosivi. Le scorie non possono essere poste all’interno di un complesso sistema di falde acquifere superficiali, non possono distruggere importanti tracce del passato e nessuno ha il diritto di sottrarre Futuro e Vocazioni Naturali”.