Nel primo semestre del 2020, il 77,3% delle piccole e medie imprese della provincia di Viterbo ha subito un netto calo dei livelli produttivi, degli ordinativi e del fatturato; nel contempo, l’89% delle aziende ha fatto ricorso alla cassintegrazione, che nel 76% dei casi ha riguardato oltre la metà degli addetti. Anche le previsioni per l’immediato futuro delineano un quadro di forte difficoltà e scarsa fiducia diffusa tra gli operatori.
E’ questo il verdetto dell’indagine della Federlazio sulle conseguenze del Covid sul sistema delle piccole e medie imprese regionali, realizzata su un campione di 450 imprese associate, di cui 50 della Tuscia.
Di segno marcatamente negativo i giudizi espressi dagli intervistati circa la produzione del primo semestre 2020, calata in quasi otto aziende su dieci (77,6%). Per il 18,2% delle aziende il calo dei livelli produttivi ha superato il 50%; accanto ad un 18,3% secondo cui si è attestato tra il 30% ed il 50%. E’ del 36,3% il novero di coloro che hanno subito perdite comprese tra il10% ed il 30%. Mentre per il 4,5% la contrazione è risultata contenuta entro il 10%.
Per il 18,2% del campione intervistato la contrazione della domanda è stata di oltre il 50%. Dato che risulta del 13,6% per le aziende con un calo degli ordini tra il 30% ed il 50% e sale al 36,4% per coloro che hanno evidenziato perdite comprese tra il 10% ed il 30%.
Tra le piccole e medie imprese con problemi di riduzione, si evidenziano il 14% con perdite oltre il 50%; accanto ad un 25% con una contrazione compresa tra il 30% ed il 50% ed un 32,1% di risposte con risultati negativi tra il 10% ed il 30%.
Nel questionario contenuta anche la domanda circa l’utilizzo della cassintegrazione. L’89% delle risposte affermative da parte delle aziende intervistate ne evidenzia il massiccio ricorso alla Cig con la causale Covid-19. Nel 76% dei casi ha riguardato oltre il 50% degli addetti; per il 12% delle aziende ha coinvolto fino alla metà dei dipendenti e per un altro 12% è risultata per un numero di lavoratori al di sotto del 20% dell’organico. Infine, le imprese che reputano “inadeguati” i tempi di erogazione dei trattamenti economici della Cassa Integrazione sono risultate prevalenti (il 66,7%), rispetto al 33,3% di giudizi positivi.
Riguardo all’accesso alle misure finanziarie di sostegno adottate dal Governo, più della metà degli operatori intervistati (65,5%) ne ha fatto richiesta. Tra questi il 47,4% ha dichiarato difficoltà nei tempi di risposta delle banche, ed il 21,1% nella fase istruttoria.
Sul futuro della propria azienda, per il 27.6% delle risposte è molto concreto il rischio di sospendere o addirittura cessare l’attività; mentre per 13,8% ci sarà una contrazione lavorativa significativa che comporterà conseguenze inevitabili sull’occupazione. Il 44,8%, infine, propende per una visione meno pessimistica, per cui ci saranno ancora mesi di sofferenza, ma poi si riuscirà a mantenere la stessa capacità produttiva e lo stesso numero di addetti.
Alla domanda, infine, su quanto tempo occorrerà invece per la ripresa dell’Italia, il 62,1% degli intervistati prevede almeno due anni, mentre per il 31% saranno sufficienti dodici mesi.
“Una situazione di estrema preoccupazione – commenta il presidente di Federlazio Gianni Calisti – specie nei mesi di marzo e aprile, anche per l’incertezza sui tempi dell’emergenza e sul come e quando poter ripartire, ed il rischio per le aziende votate all’export, che la concorrenza estera potesse carpire quote di mercato. Poi l’impegno per l’avvio della Fase 2, dopo il lockdown, con la complessità delle misure da adottare per la ripartenza dell’attività lavorativa: pulizia, sanificazione, dispositivi di protezione, distanze sociali. Accanto a tutto questo abbiamo registrato tutte le ulteriori difficoltà per l’accesso alle misure finanziarie di sostegno, previste dai vari interventi governativi. Strumenti finanziari indispensabili per garantire liquidità, per contenere gli effetti del calo del fatturato, tant’è che più della metà degli operatori ne ha fatto richiesta, ma dovendo scontrandosi con numerosi ostacoli nella presentazione delle domande e nei tempi di risposta degli istituti di credito, rivelatisi troppo lunghi. Resistere e mantenere i nervi saldi: è stato questo l’imperativo che ha accomunato i nostri piccoli e medi imprenditori. Ma siamo di fronte ad una sfida troppo grande, che non può essere affrontata solo con l’impegno e la volontà del mondo produttivo. La prospettiva di una terza ondata ci spaventa. Se le criticità riscontrate nel sistema dei trasporti pubblici dovessero perpetuarsi alla riapertura delle scuole; se continuasse a mancare la volontà politica di coinvolgere gli operatori del servizio privato, tutti i sacrifici, compresi quelli imposti dall’ultimo Dpcm, risulterebbero vani. Noi abbiamo fatto la nostra parte ed ora auspichiamo che le istituzioni facciano altrettanto”.