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Home » Politica » Occorre moltiplicare i tamponi. Soltanto così si contiene l’epidemia

Occorre moltiplicare i tamponi. Soltanto così si contiene l’epidemia

21 Marzo 2020

Da più parti c’è l’esortazione verso il governo e le autorità sanitarie perché si aumenti in modo massiccio il numero di tamponi eseguiti in Italia, addirittura allargando lo scree­ning all’intera popolazione e suggerendo alcune metodo­logie sull’esempio di altri Pae­si, in primis la Corea del Sud.

A favore dell’allargamento mirato Susanna Esposito, presidente WAidid (Associazione mondiale delle malattie infettive e dei disordini immunologici) e professore ordinario di pediatria all’Università di Par­ma. E’ stata intervistata dal Corriere della Sera da Silvia Hirin.

“Sono settimane che lo dico – dichiara al Corriere della Sera Susanna Esposito -. L’Organizzazione mondiale della sanità ha preso una grande cantonata sui tampo­ni, ha sottovalutato il peso dei portatori asintomatici nella diffusione dell’epidemia: adesso dice di fare più test possibili, ma da poco. Laddo­ve ci sia una diffusione epide­mica, è essenziale che si ese­gua il tampone su tutti i sog­getti con sintomi lievi e que­sto oggi nel nostro Paese non viene fatto”.

Perché è così importante?

“Quello che sembra da al­cuni studi è che l’eliminazio­ne virale possa durare un tem­po mediano di 21 giorni: il 50 per cento dei soggetti sarebbe contagioso oltre il limite dei quattordici giorni di quaran­tena. Attualmente a chi è feb­brile e chiama i numeri di ri­ferimento viene detto di tor­nare alle normali attività dopo sette giorni dalla risoluzione della sintomatologia”.

A chi farebbe fare i tampo­ni, a tutta la popolazione?

“A tutti quelli che hanno sintomi (anche lievi), a tutti i contatti stretti dei casi positivi anche asintomatici, ai sanitari a contatto diretto con positivi anche se asintomatici: queste sono le priorità assistenziali. In più, per i positivi è necessa­rio eseguire il secondo tam­pone dopo 14 giorni per capi­re se si sono negativizzati; a domicilio, oppure come si è fatto da qualche parte con i ‘drive-through’ (presidi al­l’aperto dove si arriva in auto, si abbassa il finestrino e si vie­ne sottoposti a test da parte di personale protetto, ndr). Il ri­schio per la comunità sono gli asintomatici che trasportano il virus senza saperlo”.

Una delle obiezioni è che il tampone è “la fotografia di un istante”: sono negativo oggi e positivo domani.

“Può essere, ma intanto chi è positivo verrebbe isolato e non continuerebbe a conta­giare. I sani che, per esigenze varie, devono uscire dovreb­bero indossare la mascherina, proprio per ovviare a questo problema”.

La seconda obiezione: co­me faccio a fare i test in sicu­rezza, dove trovo gli opera­tori che vadano nelle case?

“L’hanno fatto in Germania e a Bologna, ci sono questi tendoni e il metodo ‘drive- through’: potrei farlo anche se ho un po’ di febbre, tanto sono in macchina da solo. Adesso si sta facendo in modo che chi ha 37 di febbre sta a casa tre giorni, poi, appena gli passa, esce”.

Gli asiatici dicono: dia­gnosi precoce e inizio della terapia.

“Molti Paesi sono più ‘ag­gressivi’ di noi: anche le tera­pie a base di cocktail di antivi­rali sono più efficaci, quando prescritte subito. Facendo emergere più positivi all’esor­dio della malattia avremmo anche questo vantaggio, soprattutto in presenza di fattori di rischio. Intanto abbiamo il maggior numero di morti al mondo, domandiamoci come mai”.

E l’aspetto economico?

“Ci sono donazioni di mi­liardi per comprare ventilatori per assistere la gente in tera­pia intensiva, che costa 2.500 euro al giorno, un tampone costa 30 euro. Facciamolo a tutti i sintomatici, ai contatti stretti dei positivi e agli ope­ratori sanitari e avremmo gran parte dello screening. Sfuggirà qualcuno? Chi esce dovrà sempre indossare la mascherina chirurgica”.

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