Coronavirus: sui comportamenti da tenere per limitare il contagio, nella Tuscia sembra proprio che si navighi a vista. Il bello è che così accade non solo negli enti locali (basti pensare ai Comuni: c’è chi decide una cosa e chi un’altra), ma anche all’interno delle strutture sanitarie. Parliamo ad esempio di qualcuna quelle private (dove sono ricoverati principalmente pazienti anziani), che, evidentemente in assenza di direttive chiare, procedono in ordine sparso. C’è chi consente ai pazienti di ricevere visite come sempre e chi invece chiude le porte a tutti, compresi i familiari più stretti.
Così accade ad esempio al Giovanni XXIII, dove “dal 24 febbraio – recita una nota della direzione – l’orario delle visite agli ospiti e dell’accesso ai piani viene temporaneamente sospeso per motivo di tutela della salute”. “I parenti, gli amici e tutti coloro che non operano al servizio degli ospiti potranno accedere ai piani – dice ancora la nota – solo ed esclusivamente per comprovate ragione di emergenza in accordo col personale di portineria che riceverà opportune e precise indicazioni. In ogni caso, gli accessi ai piani non dovranno essere prolungati più dello stretto necessario e in accordo con la vigilanza, gli addetti all’assistenza e tutti i dipendenti”.
Una domanda nasce inevitabile: ma possibile che la Asl non abbia diramato indicazioni univoche sui comportamenti da tenere almeno all’interno delle strutture di cura e assistenza? E’ normale demandare ogni decisione al singolo? E per quanto riguarda più da vicino il Giovanni XXIII vi sembra normale un divieto di questo tipo? Viterbo, al direttore che fa firmato la nota, risulta inserita nella zona rossa?