Servito da Talete il salasso di Capodanno. Per molti cittadini un calice amaro da deglutire. I sindaci, nell’assemblea dei soci svoltasi in Provincia, hanno infatti votato all’unanimità (tranne Castiglione in Teverina) gli aumenti delle tariffe idriche chiesti dal Consiglio di amministrazione per salvare la società dal fallimento.
Aumenti stratosferici del 9 per cento all’anno per quattro anni. Dal 2020 al 2023. In altri termini, a fine ciclo (2023) le bollette risulteranno rincarate di oltre il quaranta per cento rispetto agli importi attuali. Se oggi paghi 100, nel 2023 pagherai 145.
A detta di alcuni, molti sindaci non si sarebbero però resi conto di ciò. Ma è tutto da verificare. Sicuramente, qualcuno potrebbe essere stato tratto in inganno da una clausola (punto 4), inserita nel documento votato e approvato, in cui si specifica che gli aumenti sono subordinati alla concessione del famigerato mutuo di 40 milioni di euro chiesto ad Arera. Il che vuol dire che essi diventeranno operativi solo quando Arera tirerà fuori i soldi. Cosa che, a fronte del mutato quadro, questo ente potrebbe adesso effettivamente fare presto. Di ciò non a caso sembra convinto il presidente Andrea Bossola, che, palesemente soddisfatto per il risultato del voto, ha detto che adesso con questa determinazione dell’assemblea si vede fortunatamente un po’ di luce in fondo al buio.
Insomma, tutto lascia intendere che, al di là del punto 4, gli aumenti nel giro di pochissimo tempo, a meno di colpi di scena che appaiono improbabili, diventeranno operativi. Altroché.
Politicamente la situazione è molto singolare (eufemismo) e dagli esiti tutti da decifrare. Di fatto, molti sindaci, votando a favore, hanno infatti disatteso gli indirizzi espressi dai Consigli comunali, che avevano detto di no ai rincari delle bollette. Basti pensare a Viterbo o a Civita Castellana. Disattese così anche le rassicurazioni fornite ai Comitati per l’acqua pubblica che per mesi e mesi hanno cercato di scongiurare questa evenienza. Tutto inutile.
Inutili le promesse di Nocchi e Arena di andare a Roma per chiedere sostegno alla Regione, la quale, a fronte di un Ato debole, avrebbe dovuto sostenere almeno gli alti costi per la manutenzione dei dearsenificatori. Inutili, come detto, e va rimarcato, le prese di posizione contrarie dei Consigli comunali. Inutile il richiamo al principio secondo il quale l’acqua, bene primario, non può essere roba per ricchi. E inutile ogni tentativo di dimostrare che la gestione dell’acqua pubblica nella Tuscia potrebbe diventare più efficiente se solo si eliminassero gli sprechi e, da un punto di vista normativo, si cambiasse la forma societaria del gestore.
Assai soddisfatto il Consiglio di amministrazione di Talete, secondo il quale “per la prima volta c’è stato da parte dei sindaci un segnale importante. Con il documento approvato si è scelto infatti di iniziare un cammino che consentirà nel giro di alcuni anni di arrivare all’equilibro finanziario”.
Ma non finisce qui: nel documento approvato si prevede anche che Talete “si doti di una nuova e più efficace struttura aziendale anche mediante un piano condiviso di assunzioni mirate”. Traduzione: ci potrebbe essere in vista la stabilizzazione dei 6 recenti contratti a tempo determinato avvenuti in base a chiare lottizzazioni politiche.