Riprendiamo e pubblichiamo dal huffingtonpost.it
di Giuseppe Fioroni
Non era facile contrastare l’offensiva della destra in Umbria. Infatti abbiamo perso. Forse potevamo organizzare meglio la nostra posizione, ma tutta la campagna elettorale ha risentito di una visione appesantita dal senso di sconfitta annunciata.
Bianconi è stato scelto all’ultimo minuto e non ha avuto modo di prepararsi adeguatamente. Del resto, potevamo concepire l’alleanza con il M5S con spirito diverso da quello che la pubblica opinione ha colto fin da subito. È sembrato che l’accordo nascesse da un’astuzia e non fosse il gesto più sincero dei principali partiti coinvolti nell’operazione, ovvero di Pd e M5S.
Dire che abbiamo perso bene, facendo qualche calcolo sublime per raccontarci della tenuta del Pd, non aiuta a capire la gravità del momento. Mentre in Umbria sfondava la Lega, in Turingia trionfava la AFD, il cui leader deve la sua notorietà al “negazionismo” sui crimini nazisti.
Non è l’Italia, ma l’Europa e l’Occidente nel complesso a dover fronteggiare l’esplosione della protesta populista e sovranista, con minacce evidenti di autoritarismo. La globalizzazione ha impoverito il ceto medio delle nazioni più industriali e da questo deriva, sul piano sociale e poi politico, la reazione convulsa contro l’attuale ordinamento democratico.
In questa cornice, dire che Salvini sta cambiando atteggiamento, sicché attorno alla sua leadership è possibile immaginare un assetto di governo equiparabile al modello degasperiano del secondo dopoguerra, sembra francamente un azzardo spericolato.
Una simile conclusione, presente nell’editoriale del Corriere della Sera, a firma Galli della Loggia, lascia intravedere l’alto livello di disorientamento che investe anche il mondo intellettuale pure di tradizione liberal-democratica. Da queste analisi deriva persino la liquidazione del Pd, considerato un partito ormai finito, senza prospettive. Non ci sarebbe nulla da salvare, secondo Galli della Loggia, perché si è esaurito il patrimonio accumulato dalla “Repubblica dei partiti” – PCI e DC in particolare.
Ora, di fronte ad argomentazione di taglio così critico, non si può far finta di nulla. A questo tipo di valutazioni bisogna opporre una risposta seria e motivata, capace di strappare una nuova attenzione e sensibilità da parte della pubblica opinione. Ognuno ha il dovere di riprendere a pensare, dando un contributo alla costruzione di una sana prospettiva di ripresa democratica. Quando si dice, per esempio, che il mondo cattolico democratico ha chiuso i battenti, reagisco di slancio e con preoccupazione: si vuole ignorare – ne prendo atto – la vitalità che permane in questo preciso ambito della vita democratica.
Tuttavia, se nel Pd emerge la tentazione della negligenza, come se fosse indifferente reagire con vitalità o con distrazione a tali critiche politiche, potrebbe davvero bloccarsi il credito della formula riformista, arrivando con ciò alla fine dell’esperienza del Pd.
È necessario concentrarci su questa opera di ricostruzione del progetto riformista. Anche tornare semplicemente alle origini può non essere bastevole. Tutti abbiamo un compito da svolgere, anzitutto rimettendo in discussione le nostre rispettive sicurezze. Sterilizzare l’apporto della cultura sturziana e degasperiana, fare di Moro un’icona puramente decorativa, ridurre l’impegno dei cattolici alla salmeria delle buone opere sociali; ecco, questo e altro, nel contesto strumentale che assegna a tavolino il beneficio di una funzione egemone alla sinistra in quanto tale, immiserisce e deforma l’immagine e prima ancora la struttura profonda del Pd. Invertire questa logica significa credere nel futuro di un partito che può restare un cardine della speranza civile degli italiani.