Sfruttamento del lavoro. Turni massacranti per pochi spicci. Un bracciante agricolo prelevato all’uscita da un bar, caricato su un’auto e pestato perché aveva avuto l’ardire di chiedere ciò che gli spettava: la paga per l’opera svolta. E’ accaduto a Gallese, dove sono finite agli arresti tre persone, come hanno spiegato il procuratore capo, Paolo Auriemma, e il comandante provinciale dei carabinieri, Andrea Antonazzo. Un quadro aberrante, quello mostrato dagli inquirenti alla stampa e all’opinione pubblica, che porta alla luce una parte oscura e poco conosciuta del nostro territorio: quella del caporalato e dello sfruttamento, una terra di mezzo dove vengono calpestati i diritti più basilari.
In manette è finito anche un pastore sardo accusato di far lavorare i propri dipendenti 12 ore al giorno. Tutto ciò segue di poche settimane l’arresto di un piccolo imprenditore del legno nell’Alta Tuscia. Per lui l’accusa è di sfruttamento di immigrati. Si dirà che si tratta di casi isolati. No: il fenomeno non può essere liquidato così. Sono infatti casi che maturano all’interno di un tessuto sociale dove dilaga l’illegalità a tutti i livelli e d’altra parte non è raro ascoltare storie di lavoratori sfruttati in ogni settore. Paradigmatica la situazione di tanti dipendenti pubblici che, con la scusa che tanto non fanno niente, sono oggi costretti a lavorare a ranghi ridottissimi a fronte di adempimenti burocratici fortemente aumentati. Lo Stato per anni non ha assunto per risanare il deficit prodotto dalle devastazioni della politica. Ci hanno rimesso i più deboli.
La politica è di queste cose che dovrebbe occuparsi e invece non lo fa. Non risulta pervenuta la sinistra, che poi si lamenta delle debacle elettorali. E non risultano presenti tutti gli altri. L’Italia è ridotta così: un Paese in arretramento sul fronte del benessere e dei diritti. La provincia di Viterbo, in questi quadro, fa la sua “porca” figura.
Ritorniamo alla cronaca. Nelle ultime 24 ore sono finite in manette quattro persone: il pastore sardo e i 3 stranieri di Gallese. Il primo è accusato di aver sfruttato la fragile condizione economica e sociale dei suoi dipendenti, stipandoli in un casale abbandonato senza finestre, acqua potabile e corrente, obbligandoli a lavorare nei campi senza sosta 12 ore al giorno sette giorni su sette. Gli altri tre a giugno avevano prelevato con la forza e portato su un furgone a Gallese un dipendente di una azienda agricola del posto. Chiuso il portellone lo avevano pestato a sangue, solo perché poche ore prima aveva avuto l’ardire di chiedere legittimamente al suo datore di lavoro la retribuzione. La vittima è un bracciante agricolo straniero, impegnato nella viticoltura, che dopo mesi di sforzi senza vedere un centesimo aveva osato protestare.
Non c’è altro da aggiungere.