“Non è vero che li pagavo quanto hanno detto, la loro giornata lavorativa veniva retribuita tra i 45 e i 50 euro e con regolare contratto.” E’ la professione di innocenza rilasciata dall’imprenditore di Acquapendente, accusato di sfruttare lavoratori immigrati, ascoltato ieri mattina dal giudice Francesco Rigato. Su di lui pende l’accusa di caporalato per aver sfruttato i richiedenti asilo di un centro di accoglienza acquesiano mandandoli per boschi a tagliare e spaccare legna, ma Claudio Spiti, questo il suo nome, si dissocia dalle ricostruzione fornita al giudice dalle forze dell’ordine. “Li pagavo molto di più di quello che hanno detto: prendevano 50 euro al giorno. Avevano una regolare busta paga, tranne uno che ha problemi col permesso di soggiorno, e al quale avevo detto di regolarizzare la sua posizione. E comunque lo pagavo come gli altri”.
Ma le sue ragione sono tutte da dimostrare visto che il quadro probatorio è pesante e parla, stando alle dichiarazione delle presunte vittime, di orari di lavoro massacranti a fronte di una paga misera che si aggirava tra i 150 e 200 euro mensili senza le più basilari precauzioni del caso. Ora per lui sono scattate le manette da scontare agli arresti domiciliari. La difesa è pronta a fare battaglia come ha annunciato il difensore a margine dell’interrogatorio.