Riprendiamo e pubblichiamo da huffingtonpost.it
di Giuseppe Fioroni.
![Governo, Bellanova selfie in giallo a pois neri:](https://i0.wp.com/img.huffingtonpost.com/asset/5d728d133b0000b140d0c066.jpeg?ssl=1)
Agli insulti ci deve essere sempre un limite. Teresa Bellanova ne è rimasta vittima sui social a causa del suo titolo di studio. Molti l’hanno difesa, con parole limpide, tanto da rendere superflua qualsiasi aggiunta. Invece di apprezzare la sua storia di dirigente sindacale, si è cercato di sporcarne il profilo con l’unico argomento a disposizione, rovesciando la critica alle élite in quello che una volta incarnava, a tutti gli effetti, il pregiudizio delle élite. Non basta la solidarietà.
L’attacco alla Bellanova ci deve muovere a una riflessione più aggiornata sulla dinamica scomposta del populismo. Volta a volta muta la ragione della protesta, registrando però l’esistenza di un canone che ne lascia inalterato il timbro. Si passa dalla negazione della competenza, sicché la famosa cuoca di Lenin dovrebbe sostituirsi quanto prima ai politici di professione, alla pretesa di scambiare il titolo formale con l’attribuzione o il riconoscimento della competenza medesima, assunta (giustamente) a parametro di merito. In questo modo, pencolando tra opposte inclinazioni, sempre alla ricerca tuttavia del punto critico di approccio, s’immobilizza nel dilemma polemico insolubile la naturale e salutare dialettica politica.
L’abbandono del “discorso pubblico” fa sì che prevalga lo sfogo, l’irrisione e finanche l’oltraggio. Di questo dobbiamo preoccuparci, evitando di cadere nella trappola delle convenienze episodiche, quando cioè torna utile a noi, in un passaggio specifico, sfruttare l’istintiva aggressività della comunicazione attraverso lo strumento della Rete. Chi ricopre ruoli pubblici ha il diritto di essere giudicato per la qualità dell’impegno impegno che mette nelle sue funzioni. È una regola di buon senso, utile da riprendere e utilizzare, in contrasto con tutte le esasperazioni della politica spettacolarizzata.
Sono convinto che la nuova responsabile dell’Agricoltura, conoscendo da sindacalista il mondo della terra, guadagnerà ben presto il rispetto di amici e avversari. Ciò non toglie che lo scempio di parole riversato nei messaggi del web non obblighi a riflettere sul degrado che patiamo nella quotidiana articolazione della nostra vita democratica. Forse il “caso Bellanova” può aiutarci a svolgere un serio esame di coscienza.