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Home » Politica » Emodinamica: fine di un’eccellenza?

Emodinamica: fine di un’eccellenza?

21 Luglio 2019

Se le voci che circolano con sempre maggiore insistenza dovessero risultare vere, ci troveremmo presto di fronte ad un arretramento senza precedenti nella qualità di servizi erogata dalla ASL di Viterbo. Si sta paventando la chiusura per  le 12 ore notturne del servizio di emodinamica, cioè una regressione impressionante, dopo aver salutato con enfasi il raggiungimento della copertura del servizio per 24 ore, non tantissimo tempo fa. Per troppo tempo sono state sottovalutate dalla direzione sanitaria e generale, le richieste di intervento per sanare la cronica carenza di organico ed ecco che ad un certo punto la concausa di assenza di medici emodinamisti,   e la accettazione da parte di un solo emodinamista  tra i partecipanti al concorso di recente espletato, tra l’altro  già in servizio presso la struttura  porteranno dritte ad un drastico ridimensionamento di un servizio salva vita, per 12 ore su 24.  Bel risultato per una città capoluogo di provincia che aveva realizzato questo fiore all’occhiello dal 1 aprile 2010, dopo che per circa 3 anni  usufruiva di un servizio di sole 12 ore,  trovarsi ad essere catapultata ben otto anni indietro. Bel risultato per un ospedale che vanta presenze in consiglio comunale e può contare  sul vice presidente della commissione sanità alla regione Lazio.  Questo succede quando la politica agisce impropriamente per tutelare carriere,  trasferimenti di personale, ricoveri spesso impropri  e trascura, perché considerati molto meno produttivi sul piano del consenso elettorale, la realizzazione o nel caso in questione il consolidamento di un servizio, unanimemente considerato un’eccellenza sul piano qualitativo e una forma di garanzia (assicurazione sulla vita) per la popolazione viterbese in generale.  Chi si gloria di responsabilità politiche nel settore, sappia assumersi le proprie responsabilità e farsi carico nei tempi utili del problema. Chi ricopre ruoli di direzione sanitaria e generale, eviti di decretare il proprio fallimento, mettendo in essere gli atti amministrativi necessari  a scongiurare quanto si va prospettando, altrimenti ne traggano le logiche conseguenze. Sarà inoltre mia premura acquisire le informazioni utili per sapere se a Roma il “delegato” alla sanità del “governatore” è adeguatamente in formato su quanto sta avvenendo alla “periferia dell’impero”,  e se di tutto ciò lo stesso governatore è stato altrettanto adeguatamente informato. Se a tutto questo poi si aggiungono le dichiarazioni rilasciate dal dirigente della Cgil Antonio Filippi che dati alla mano da “The European House-Ambrosetti” certifica la bocciatura del Lazio con 4 indici su 5 inferiori alla media nazionale e che Viterbo si colloca al di sotto dei già insufficienti dati regionali c’è di che temere  per la sanità viterbese e per il ruolo dell’ospedale di Belcolle. Il riferimenti che fa Filippi forse è improprio ed anche ingeneroso, rispetto al caso da cui è partito, ma è sicuramente aderente alla realtà  nei casi in cui fa riferimento “al riconoscimento delle vere competenze che diventa  alternativo alla politica delle promozioni   basate sul criterio della genuflessione ai Cacicchi e ai mandarini della politica locale per tornaconti elettorali che rasentano? le pratiche del voto di scambio”. Queste considerazioni infatti  trovano alimento in alcuni fatti emblematici:  1) mancata rispondenza alle direttive della regione in materia di semplificazione della organizzazione in alcuni reparti di Belcolle; 2) costituzione di liste elettorali con schiacciante maggioranza di candidati dipendenti Asl, quasi fosse una  lista corporativa di categoria.

Ma è sul primo punto che vale la pena di soffermarsi , sul secondo se,  se ne ravvisassero gli estremi spetterebbe ad altri il compito dell’indagine e dei provvedimenti conseguenti. Certo che una qualche vigilanza interna non guasterebbe.

La domanda da porsi è come mai l’ospedale Sant’Andrea, per dimensioni e specialistiche analogo a Belcolle, ha ritenuto di aderire alle indicazioni regionali e organizzare la propria cardiologia in un’unica Unità Operativa Complessa,  al cui interno  afferiscono  le  unità operative semplici di UTIC, Emodinamica ed elettrofisiologia declassata. Mentre a Viterbo abbondano Unità Operative Complesse e Unità Operative Dipartimentali.  Non è forse anche da questo che si alimentano false competizioni , magari neanche suffragate da curriculum adeguati, che si creano i presupposti per il ridimensionamento delle eccellenze subordinandole alle carriere individuali? Senza questi eccessi di frazionamenti forse sarebbe più facile e proficuo utilizzare al meglio le eccellenti risorse umane che pur esistono e che hanno bisogno di essere valorizzate solo ed esclusivamente per le competenze.  

Lupo Rosso

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