“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli“
Umberto Eco sentenziava così l’emergere dei fenomeni più aberranti nei social, era il 2015 e solo 8 mesi dopo il grande semiologo e filosofo del novecento ci lasciava. Un dibattito sempre verde, che si pone sul sottile filo tra libertà di espressione, come sancita dalla carta costituzionale, fino alle più becere espressione dell’informazione via social fatta di fake news, infondatezza della notizia, pratiche di hate speech e del flaming.
Se da un lato internet permette a milioni di utenti da qualsiasi parte del globo di accedere informazioni, a contenuti, editoriali e notizie in modo gratuito, dall’altro permette a tanti utenti di esprimere le proprie opinioni, anche le più indicibili, trincerati dietro la propria tastiera.
E allora eccoli “gli idioti”; milioni di utenti subito pronti a commentare terroni, negri, buonisti, sinistri, zingari, zecche, pidioti, o per i più colti pddioti. C’è chi usa queste formule semplicemente per emulazione, per esprimere senso di appartenenza a una fazione politica o ad una visione del mondo che si sostanzia nel disprezzo nei confronti degli “altri”, che siano stranieri o oppositori politici. Ma non sanno che fanno un uso inconscio di uno strumento sotterrano, frutto di un lavoro incessante attuato sui social network per influenzarne gli utenti, indirizzare il dibattito, alzare i toni, creare allarme e in definitiva avvelenare i pozzi del discorso pubblico.
Un lavoro frutto di investimenti social da parte di gruppi di interesse come aziende e partiti politici in grado di influenzare l’opinione pubblica, strumenti che hanno mutato la comunicazione politica verso il modello del marketing aziendale sempre attivo e pronto a fare propaganda.
“La bestia” la chiamano negli ambienti della comunicazione leghista, non per la bruttezza ma per la capacità di impattare nel web, è il sistema che gestisce la comunicazione social di Matteo Salvini , un algoritmo in grado di trasferire ogni contenuto ogni minimo trend d’interesse al favore del “Capitano”. Se prima l’elettore era abituato alle tribune politiche dove venivano esposti contenuti politici, ora anche pane e Nutella diventa oggetto di subdola campagna elettorale. La Nutella diventa il simbolo dell’italianità del genuino contro un mondo globale che distrugge il made in Italy, non c’è contenuto politico rimane solo il messaggio iconografico.
Matteo Salvini ha adottato un strategia itinerante, si sposta 4/5 volte al giorno grazie agli elicotteri di Stato e alle auto blu; la mattina è a Reggio Emilia e selfi con il parmigiano, poi Moena e la foto con canederlo e via dicendo. E grazie ad un algoritmo di Facebook il post lo farà vedere a tutti i reggiani senza spendere un euro. Questo algoritmo, creato da Ross Quinlan, si chiama J48. E’ proprio questo una delle chiavi di volta del successo delle destre di mezzo mondo. La Lega ha cominciato un grande lavoro in tempi non sospetti, la prima fase è stata la costruzione del personaggio Salvini e tutta questa fase di progettazione è stata seguita implementata dal suo uomo ombra, Luca Morisi. Ora è subentrata la fase del consolidamento del consenso in cui viene posto il commento del capitano su tutto le fasce di opinione da una tragedia qualsiasi al Grande Fratello, passando per la culinaria, le vacanze, lo sport, ecc.. Insomma, tutto fa propaganda anche gli attacchi degli avversari politici. In tutta questa fase per far emergere il post un’app rilancia automaticamente in modo da farlo diventare un trending topic. Poi subentrano i cosiddetti sockpuppets, ovvero utenti che controllano dieci, venti o trenta account e si muovono in massa per ‘contrattaccare’ se sotto un post il dibattito non va nella direzione attesa. Lo scopo è spaventare le persone, spingerle a non esporsi e limitare il dialogo pubblico. Ma Facebook fa poco, anzi nulla, per limitare questo problema. Pensare che anche il famoso #VinciSalvini viola le regole del social, ma non viene fatto nulla al riguardo.
Da notare che da qualche tempo a questa parte c’è un cambio di contenuti pure, se così possono essere definiti, dai primi bombardamenti mediatici circa le dichiarazione di Salvini quando diceva no euro, no tav, bloccare le trivelle e i termo-valorizzatori, quando ancora il problema erano i terroni alla stregua degli africani. Ora sembra che il lato polemico ha lasciato spazio al lato mite di Salvini La nuova campagna lo vede impegnato in gesta epiche ove nessuno era riuscito; viene presentato come Pater Patrie, come direbbero i latini. Nel momento in cui ha ricoperto la sua carica istituzionale i temi come no euro hanno tutto sommato posti secondari. Ora il ministro non vuole fermare le trivelle o termo-valorizzatori o la Tav, ora i “terroni” sono amici , non dice più “Vesuvio lavali con il fuoco”. Salvini, dunque, ha cavalcato l’onda dell’odio fino al momento che gli è convenuto e, dal momento in cui ha capito che quell’onda poteva ritorcersi contro, ha rallentato. Il dilemma è questo: Followshiph o Leadership? Estremismo e trasformismo? Propagando o governo?
Il leader leghista ha sdoganato la pancia, il costume e la volgarità (sicuramente non è stato il solo). Gioca sul io sono come voi e sul fatto di farsi percepire come vincente. Ma il vice-premier sa come fomentare le folle e al momento giusto fermarsi, molti utenti social ancora non lo hanno capito. Il mondo degli Haters è oggi una prateria sconfinata dove tra un commento, scritto di getto, e il click di pubblicazione finale, forse non c’è nemmeno una connessione neuronale. Molti prima di scrivere sotto un post di un personaggio famoso epiteti del calibro; “muori”, “impiccati”, “era meglio che fossi stato sciolto nell’acido” farebbero meglio fare una passeggiata. Salvini tutto questo gioco lo fa per la propaganda e a voi che ve ne torna?