
Arsenico nell’acqua e inquinamento del lago di Vico: due esempi
di inadeguata prevenzione e protezione delle popolazioni. Lo ha detto la dottoressa Antonella Litta, referente dell’Associazione medici per l’ambiente – Isde, sabato scorso all’università “la Sapienza” di Roma, dove, su invito del dipartimenti di Sanità pubblica e Malattie infettive, ha tenuto una lezione sul tema: “L’ambiente come determinante fondamentale per la salute fisica e psichica”.
La lezione, nell’ambito del corso “Salute globale ed equità in salute”, ha evidenziato le complesse relazioni tra l’ambiente e la salute che sono, con sempre più evidenza, alla base dei meccanismi che determinano lo stato di malattia e quindi la necessità di una prevenzione efficace attraverso la riduzione delle fonti di inquinamento e di politiche di risanamento e tutela dell’ambiente.
Nel corso della lezione la dottoressa Litta ha ricordato come esempio di inadeguata prevenzione e protezione delle popolazioni, la vicenda che nell’Alto Lazio, come in altre parti d’Italia, attraverso l’Istituto della deroga, ha permesso di erogare per anni come potabili acque con un contenuto di arsenico fino a 50 microgrammi/litro ovvero cinque volte il limite di legge 10 migrogrammi/litro (decreto legge 31/2001) previsto per questa sostanza tossica e cancerogena per la quale non esiste alcuna soglia accettabile di sicurezza per esposizioni croniche.
La referente dell’Isde, sempre in tema di inadeguata prevenzione e protezione della salute e dell’ambiente, ha poi citato anche la grave situazione di inquinamento e degrado dell’ecosistema del lago di Vico, in provincia di Viterbo.
“Un degrado ed inquinamento – si legge in una nota – determinato anche e in particolare dalle vaste aree, in prossimità del bacino lacustre, dedicate alla monocoltura della nocciola; una situazione che ha di fatto privato, e ormai da anni, della possibilità di un approvvigionamento sicuro e salubre di acque le popolazioni dei due comuni circumlacuali Caprarola e Ronciglione”.
Prendendo spunto proprio da quest’ultima situazione, la dottoressa Litta ha nuovamente sottolineato la necessità di un rapido abbandono dell’agricoltura intensiva e chimica in favore di una agricoltura senza pesticidi, più sana, naturale, ecologica, rispettosa cioè della composizione e della vitalità dei suoli, della biodiversità e non asservita alle logiche di sfruttamento e profitto sottese alla monocolture in ogni parte del mondo.