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Home » Società » Don Carlo Gnocchi, cappellano degli Alpini e “padre dei mutilatini”

Don Carlo Gnocchi, cappellano degli Alpini e “padre dei mutilatini”

25 Febbraio 2019

Manca poco alla celebrazione del Gruppo Alpini Viterbo dedicata a Carlo Gnocchi, in programma domenica 3 marzo nella parrocchia di Villanova.

Le celebrazioni dedicate al beato Carlo, cappellano alpino, sono moltissime al Nord, per diventare sempre meno verso il centro Italia, dove quella di Viterbo si erge come una delle poche in zona. Eppure la figura del sacerdote è amatissima e in suo onore è stata istituita una Fondazione, da 70 anni vicina ai più fragili e agli indifesi, un impegno nato per proseguire la sua opera caritatevole.

Carlo Gnocchi, terzogenito di Enrico e Clementina, nasce a San Colombano al Lambro, vicino Lodi, il 25 ottobre 1902. Nel 1925 viene ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi. Don Gnocchi celebra la sua prima messa il 6 giugno a Montesiro.

Fin da subito, con il suo operato in Oratorio, raccoglie consensi, stima e affetto, diventando educatore in Arcivescovado e direttore spirituale di una delle scuole più prestigiose di Milano, l’Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane e, successivamente, assistente spirituale degli universitari della Seconda Legione di Milano.

Nel 1940 l’Italia entra in guerra e molti giovani studenti vengono chiamati al fronte. Don Carlo, coerente alla tensione educativa che lo vuole sempre presente con i suoi giovani anche nel pericolo, si arruola come cappellano volontario nel battaglione “Val Tagliamento” degli Alpini: la sua destinazione è il fronte greco albanese.

Terminata la campagna nei Balcani, dopo un breve intervallo a Milano, nel 1942 don Carlo Gnocchi riparte per il fronte. Questa volta la meta è la Russia, con gli alpini della Tridentina. Nel gennaio del 1943 inizia la drammatica ritirata del contingente italiano; don Gnocchi, caduto stremato ai margini della pista dove passava la fiumana dei soldati, viene miracolosamente soccorso, raccolto da una slitta e salvato. È proprio in questa tragica esperienza che, assistendo gli alpini feriti e morenti e raccogliendone le ultime volontà, matura in lui l’idea di realizzare una grande opera di carità, che troverà compimento, dopo la guerra, nella “Fondazione Pro Juventute”. Ritornato in Italia nel 1943, don Gnocchi inizia il suo pellegrinaggio attraverso le vallate alpine, alla ricerca dei familiari dei caduti, per dare loro un conforto morale e materiale. In questo stesso periodo aiuta molti partigiani e politici a fuggire in Svizzera, rischiando in prima persona la vita; viene arrestato dalle SS con la grave accusa di spionaggio e di attività contro il regime.

A partire dal 1945 comincia a prendere forma concreta quel progetto di aiuto ai sofferenti pensato negli anni della guerra: don Gnocchi viene nominato direttore dell’Istituto Grandi Invalidi di Arosio (Como), e accoglie i primi orfani di guerra e i bambini mutilati. Inizia così l’opera che porterà don Carlo a guadagnare sul campo il titolo più meritorio di “padre dei mutilatini”.

Nel 1955 don Carlo lancia la sua ultima grande sfida: si tratta di costruire un moderno centro che costituisca la sintesi della sua metodologia riabilitativa. Vittima di una malattia incurabile, don Gnocchi non riuscirà a vedere completata l’opera nella quale aveva investito le maggiori energie: il 28 febbraio 1956, la morte lo raggiunge prematuramente presso la Columbus.

I funerali, celebrati il giorno 1° marzo dall’arcivescovo Montini (poi Papa Paolo VI), furono grandiosi per partecipazione e commozione. A sorreggere la bara quattro alpini; altri portavano sulle spalle i piccoli mutilatini in lacrime. Tra amici, conoscenti e semplici cittadini erano in centomila a gremire il duomo di Milano e la sua piazza. In suo nome sorgeranno istituti e centri, dove prosegue la sua opera di imprenditore della carità.

Trent’anni dopo la morte di don Carlo Gnocchi, il cardinale Carlo Maria Martini istituirà il processo di Beatificazione. La fase diocesana avviata nel 1987 si è conclusa nel 1991. Il 20 dicembre 2002 Papa Giovanni Paolo II lo ha dichiarato venerabile. Nel 2009 il cardinale Dionigi Tettamanzi annuncia che la beatificazione avverrà il 25 ottobre dello stesso anno.

Quest’anno, nel decennale della sua proclamazione a beato, e in attesa della definitiva consacrazione sull’altare dei santi, gli alpini lo ricorderanno il 3 marzo con una messa solenne, celebrata dal vescovo Fumagalli, con venerazione della reliquia di primo grado che è stata concessa al Gruppo Alpini Viterbo, reliquia che da ottobre sarà esposta alla devozione cittadina nella parrocchia dedicata ai Santi Ilario e Valentino (Villanova).

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