Le bande che costituivano l’Armata Brancaleone, con la quale il centrodestra tarquiniese un anno fa aveva riconquistato il Comune, hanno cercato fino all’ultimo momento di convincere Pietro Mencarini a ritirare le dimissioni, consce, sicuramente, che dopo questa pessima figura per molti sarà assai difficile l’anno prossimo ripresentarsi come se nulla fosse davanti agli elettori. Le forze politiche sono arrivate addirittura a proporre al sindaco dimissionario di azzerare la giunta e di ricominciare da capo con gli uomini che più avesse gradito. Ma non c’è stato nulla da fare. Mencarini, come sapete, non ha ceduto di un millimetro.
Per questo motivo, ieri mattina, fallito ogni misero tentativo di non uscire di scena, alcuni personaggi sull’onda della disperazione hanno pensato di mettere in atto un ultimo ed estremo piano, affidandosi ad un’interpretazione alquanto bizzarra della legge sull’elezione diretta del sindaco secondo cui a un primo cittadino impedito per malattia ad esercitare il proprio mandato subentra a tutti gli effetti il vice. In altri termini, si è pensato di avvalorare la tesi secondo cui Mencarini ha deciso di andarsene non per motivi politici, ma di salute, sperando con ciò di istillare un dubbio – magari al segretario comunale o magari alla stessa prefettura – sulla validità delle sue dimissioni. Peccato che si tratti di una trovata palesemente infondata, dato che se è vero che è previsto il subentro del vice in caso di malattia del sindaco, è anche vero che quest’ultimo (basterebbe ricordarsi del caso Valentano) non si dovrebbe comunque dimettere volontariamente. Cosa che invece ha fatto Mencarini, annunciandola e motivandola in maniera peraltro molto circostanziata sui social, il che rende di fatto semplicemente inutile ogni diversa interpretazione delle norme.
Quanto accaduto, al di là della folcloristica trovata, la dice lunga sul dramma politico che si sta impossessando in queste ore dei sentimenti di consiglieri e assessori uscenti.