Era l’ultima discendente (pronipote per la precisione) di Francesco Orioli, lo scienziato ottocentesco – medico, fisico e archeologo – nativo di Vallerano a cui la nostra provincia ha reso omaggio molti anni fa intitolandogli una delle scuole superiori più importanti del capoluogo, appunto l’istituto Orioli.
Nora Orioli – questo il suo nome – era nata nel 1925. Presidente a Vallerano dell’omonima associazione intitolata al celebre antenato, si è spenta lunedì nella sua casa nel centro di Roma, dove stamattina si svolgeranno i funerali. Un nome, il suo, che alla maggior parte del grande pubblico forse dice poco: in realtà, è stata una pittrice assai nota negli ambienti artistici nazionali e internazionali, autrice di opere molto quotate. Ha esposto quadri, nel corso della sua lunga carriera, nelle principali gallerie del mondo e in vari musei europei. Una delle ultime mostre, qualche anno fa, a Rosenheim, in Germania, presso il Museo Offenbach, curata proprio dall’Associazione Francesco Orioli di Vallerano.
Personaggio caratterialmente sopra le righe – un’artista insomma nel vero senso della parola – aveva risentito negli ultimi anni della perdita della sorella Maria, fotografa di altissimo livello e come lei molto legata a Vallerano.
Cresciuta a Venezia, trasse proprio qui, a contatto con una delle tradizioni artistiche più raffinate di tutti i tempi, l’ispirazione per il suo personale percorso. Non a caso considerava Giovanni Bellini, maestro del Rinascimento veneto, un modello a cui guardare, emulando in ciò lo stesso atteggiamento di ammirazione che per questo grande maestro nutrì Durer. Nora Orioli però amava moltissimo anche Caravaggio, inventore del drammatico realismo chiaroscurale che tanta influenza ha esercitato sull’arte mondiale dal Seicento in poi; ammirava gli impressionisti francesi e gli espressionisti tedeschi, tra i quali George Grosz, e l’americano Ben Shahn.
Acuta osservatrice della realtà e sensibile colorista in perfetta simbiosi con la tradizione veneziana, cercava con la sua arte – come ebbe a dire Bernd Rosenheim nell’introduzione ad un catalogo delle sue opere – di estrarre dei frammenti della realtà – la quale non è mai completamente afferrabile – e di accostarli come in un collage seguendo un processo necessariamente arbitrario, ma in quanto tale l’unico possibile per chi svolge la professione dell’artista. L’arbitrarietà d’altro canto – di nuovo parole – di Rosenheim è programmatica del pensiero postmoderno.
Qualche anno fa, aveva manifestato la volontà di donare un busto di Francesco Orioli al Museo civico di Viterbo. A causa della “lungimiranza” e della “competenza” dell’assessore alla cultura Delli Iaconi purtroppo non se n’è fatto nulla. L’opera infatti non fu presa perché non si sapeva dove collocarla: questa almeno la scusa alla base dei ritardi nell’accettazione della donazione. Ritardi che comunque alla fine indussero Nora Orioli e l’associazione di Vallerano a non insistere e a lasciar cadere la proposta.