di Angelo Allegrini
Anche se non si tratta di notizie inedite ma, anzi, ampiamente riportate dall’ampia pubblicistica che si è occupata del sequestro e dell’assassinio di Aldo Moro, vale la pena ricordare, a beneficio di tutti, i dettagli delle operazioni messe in piedi dai vari soggetti che si interessarono alla sorte dello statista ucciso il nove maggio del 1978.
La Commissione Fioroni, nella sua attività di inchiesta e di ricerca delle verità non dette, ha potuto accertare che, nel contesto generale di impreparazione da parte dello Stato nel rispondere all’azione terrorista, vi furono comunque molteplici trattative – su cui ritorneremo sulle pagine del Viterbese – intentate in Italia e all’estero per salvare la vita dell’ostaggio e preparativi, purtroppo inefficaci, per un intervento di tipo militare con l’obiettivo di ritrovare Moro.
In particolare vi furono due piani che, nella loro strutturazione, rivelano con chiarezza qual era lo stato d’animo e la preoccupazione di molti; ciò che andava fatto era disinnescare da subito la pericolosità di possibili dichiarazioni rilasciate dall’ostaggio Moro e per questo venne immediatamente incaricato lo psichiatra e criminologo, poi rivelatosi piduista, Franco Ferracuti che si premurò di stilare un “pro-memoria sugli aspetti medico-psicologici” ed un prontuario per la “gestione della crisi”.
Per il prof. Ferracuti era estremamente improbabile che la vittima avesse potuto resistere alle pressioni psicologiche dei rapitori e, nel processo di identificazione con l’aggressore, stabiliti “imponderabili legami di comprensione e amicizia“, si erano venuti a determinare “l’accettazione di una parte del linguaggio, dei motivi , e persino della scala dei valori” delle Brigate Rosse.
Per queste e per altre considerazioni pesanti il criminologo raggiungeva la conclusione “altamente probabile che… le capacità di critica e di autodeterminazione della vittima fossero almeno largamente compromesse“.
Ferracuti aggiungeva poi che a causa di spunti paranoidei, all’atto di una eventuale rimessa in libertà, il soggetto andava protetto da “incontri di gruppo frastornanti ed incontrollati“, che potevano creare situazioni di “estremo pericolo… per le incontrollate dichiarazioni che egli può essere portato a fare“.
“Dopo i primi indispensabili contatti con i familiari stretti – continuava lo psichiatra – e con le autorità giudiziarie (da contenere nel tempo massimo di una – due ore)” Moro sarebbe dovuto essere sottoposto ad accurata visita medica, “isolato e protetto rigidamente“.
E’ sufficiente la lettura di queste poche righe per rendersi conto di come il possibile rilascio di Aldo Moro cominciò molto presto a diventare un problema ed è proprio in tale cornice che possono essere contestualizzati i due piani messi a punto dal Ministero dell’Interno per la gestione del caso in cui fosse stata individuata la “prigione del popolo”.
I piani erano due proprio perché vennero ipotizzate due diverse eventualità: la prima era quella dell’irruzione nel covo con il salvataggio del prigioniero, la seconda prevedeva invece l’operazione che si concludeva con la morte dell’ostaggio.
Questi i due piani:
Piano Victor: (ritrovamento Moro vivo)
- Immediato avviso al Procuratore Generale della Repubblica Dott. Pascalino e al Sostituto Dott. Guasco; è necessario che il primo contatto con il Sequestrato per un primo interrogatorio, anche sommario, avvenga da parte del Magistrato inquirente, prima di dichiarazioni a politici o alla Stampa, il che oltre ad essere in violazione dalle norme di Procedura, sarebbe gravemente pregiudizievole per le indagini.
- Ricovero immediato del Sequestrato presso il “Policlinico Gemelli”, o la Clinica più vicina. Se l’On. Moro esprime il desiderio di vedere la moglie o i suoi familiari, questi saranno accompagnati al suddetto ospedale. L’On. Moro per nessuna ragione deve essere condotto a casa.
- Il luogo di rinvenimento deve essere isolato, e devono effettuarsi i primi accertamenti di Polizia Scientifica, in attesa del sopralluogo del Magistrato. Nessuna autorità che non segua direttamente le indagini può accedere e tanto meno la stampa (escluso il Presidente del Consiglio, il Ministro dell’Interno e le altre autorità di Polizia).
- Va predisposto un contestuale rigoroso servizio d’ordine davanti all’abitazione ed allo studio dell’On. Moro.
- L’Ente (Polizia, CC., Guardia di Finanza) che per primo avrà notizia dovrà dopo l’immediato avviso al Magistrato, avvertire gli altri due Enti.
Piano Mike: (ritrovamento Moro morto)
- Immediato avviso al Procuratore Generale della Repubblica Dott. Pascalino e al Sost. Proc. Generale della Repubblica Dott. Guasco, per l’immediato obbligatorio sopralluogo.
- Occorre far giungere sul posto gli artificieri, per scongiurare trappole esplosive.
- Il luogo del rinvenimento deve essere completamente isolato: prima della autorizzazione del Magistrato, nessuna Autorità (fatta eccezione per la Polizia Scientifica e per un ristretto numero di investigatori) può accedere (più Ministro dell’Interno – Presidente del Consiglio – Alte Autorità di Polizia, CC. e Guardia di Finanza – esclusa la Famiglia).
- Dare immediato avviso al Prof. Silvio Merli medico legale e al Prof. Antonio Ugolini e accompagnarli sul posto.
- Và predisposto un contestuale rigoroso servizio d’ordine davanti all’abitazione ed allo studio dello’On. Moro.
- L’Ente (Polizia, CC., Guardia di Finanza) che per primo avrà notizia dovrà dopo l’immediato avviso al Magistrato avvertire gli altri due Enti.
Le disposizioni di cui sopra sono state concordate tra il Ministro dell’Interno ed il dott. Guasco.
[Continua]