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Home » Politica » La sinistra non è più capace di provare emozioni

La sinistra non è più capace di provare emozioni

19 Giugno 2018

di Diego de la Vega

Prima o poi qualcuno doveva dirlo.

C’è su Netflix una bella serie tv coreana di nome Stranger, dove il protagonista è un procuratore, Hwang Si-mok, che da adolescente ha subito un intervento al cervello per correggerne uno sviluppo abnorme ed ha poi avuto seri effetti collaterali. A seguito della riduzione della massa cerebrale, Si-mok – che pure può esibire una onestà specchiata – ha perso completamente la capacità di provare empatia per il prossimo e, quindi, non prova nessuna emozione, neppure quando gli capitano eventi che dovrebbero procurargli commozione.

Allo stesso modo, sembrerebbe si possa dire lo stesso per tutta una schiera di dirigenti politici ex Ds, sia locali che nazionali, che nei loro lunghi discorsi – per fortuna di chi ascolta assai più rarefatti – riescono a usare parole molto giuste e condivisibili ma tutto lasciano intendere meno un loro vero interesse per il futuro del Paese, delle loro città o dei loro concittadini. Si chiamino essi D’Alema o Bersani, Mazzoli o Panunzi, tutti questi dirigenti o ex dirigenti del Pd non si sono mai veramente preoccupati d’altro che non fosse un ragionamento elevato sui massimi sistemi o tutt’al più del solo loro unico vero interesse ovverosia la poltrona…

Quando unisci idrogeno a ossigeno, come fa il chimico di Spoon River senza prendere precauzioni, ottieni una miscela instabile ed esplosiva così come quando metti assieme il disinteresse per lo spettacolo pietoso del consiglio comunale a Viterbo con il sostanziale menefreghismo per la politica generale e tutto quello che puoi ottenere è solo e soltanto un risultato elettorale disastroso.

Ma in tempi in cui il problema principale delle persone è la mancanza assoluta di lavoro, che tipo di relazione con l’elettorato poteva instaurare una classe dirigente, un ceto politico, che mai ha timbrato un cartellino o dovuto rispettare un orario? Che risultato può mai ottenere un partito che per paura di affrontare un confronto politico e un dibattito interno reale, finge di non accorgersi che un senatore eletto nel territorio definisce pubblicamente come delinquente seriale il segretario nazionale Matteo Renzi?

La debacle consistente che ha portato il Pd a rimanere escluso dal ballottaggio non è altro che la figlia dell’autoreferenzialità e dell’assoluta mancanza di empatia con gli elettori e con gli iscritti di dirigenti incapaci di comprendere il cambiamento avvenuto nella società. Per riparare i danni bisognerà ricreare un nuovo rapporto con gli Italiani, stipulare un nuovo contratto tra cittadini e rappresentanti capaci di impegnarsi nella soluzione dei veri problemi della gente; ci vorranno mesi, forse anni, ma per far questo bisogna liberarsi dei vari Si-mok e rimettersi subito en-marche.

Reggenze e interregni fanno solo infettare le ferite.

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