Il 24,9% dei pazienti viterbesi sceglie di curarsi fuori provincia o fuori regione. Uno su quattro. E’ quello della cosiddetta mobilità passiva il principale effetto collaterale delle liste d’attesa sempre più lunghe nel Viterbese. Nell’ultima classifica pubblicata dal Sole 24 Ore sulla qualità della vita nelle 110 province italiane la Tuscia era al 105° posto per tasso di “migranti” sanitari.
Un risultato disastroso che trova ora conferma nelle tavole del benessere equo e sostenibile appena pubblicate dall’Istat: Viterbo si trova anche stavolta nei bassifondi della classifica nazionale. Nel Lazio in questo caso fa peggio solo Rieti, che nella graduatoria del Sole 24 Ore invece precedeva la Tuscia.
Ma come si è arrivati a tutto questo? La risposta è semplice: con anni di tagli e di politiche che hanno raso al suolo la fiducia nei viterbesi nella sanità locale. Se nella stragrande maggioranza dei casi si emigra infatti per un esame che non si ha la possibilità di svolgere in provincia in tempi accettabili, spesso e (mal) volentieri si emigra anche per interventi di routine per la ragione che non ci si fida. Si dirà, a ragione, che a Viterbo e provincia ci sono decine di medici capaci e competenti. Ma per la salute vale lo stesso discorso della sicurezza. Non conta solo la sicurezza reale ma anche, e a volte soprattutto, quella percepita. La percezione dei viterbesi è che il servizio sanitario viterbese non sia all’altezza, e i vertici della Asl hanno fatto poco per cambiarla.
Sulle liste di attesa, l’attuale direzione generale della Asl aveva promesso che avrebbe “aggredito” il fenomeno. A distanza di quasi tre anni dall’avvento di Daniela Donetti al timone dell’azienda di risultati però non se ne sono visti. Più che le liste si è abbattuta in questi anni la pazienza dei pazienti. I tempi di attesa continuano essere biblici e indegni di un paese civile. Provate a chiamare il Cup e chiedete di prenotarvi una gastroscopia (esame di routine): il primo appuntamento, se siete fortunati, ve lo daranno tra un anno. Se invece scegliete l’intramoenia, cioè vi mettete le mani in tasca, i tempi, negli stessi ospedali pubblici, si abbattono magicamente.
Da parte sua, Zingaretti, anche grazie ai suoi megafoni locali, non fa altro che rivendicare il risanamento del debito sanitario e i risultati del suo governo in materia di salute. Risultati che però a Viterbo nessuno ha visto. Nella peggiore tradizione di una sanità romanocentrica.