“Fare impresa in Italia è difficile, provarci nel mondo olivicolo è diventata una missione impossible”.
È quanto emerge dalla tavola rotonda “+Europa, Valore, Opportunità”, organizzata dal Consorzio nazionale degli olivicoltori, in corso di svolgimento a Viterbo.
I tanti problemi che affliggono il settore e, soprattutto, l’eccessiva instabilità delle quotazioni sul mercato non consentono una programmazione ed una gestione serena delle attività aziendali.
I prezzi viaggiano sulle montagne russe: a maggio 2016 la quotazione media di un quintale di olio extravergine d’oliva era di 356 euro, nello stesso mese del 2017 era di 605 euro, mentre a maggio 2018 è tornata a 407 euro.
Un’azienda media con 10 ettari di oliveto, in pratica, vendendo l’intera propria produzione annuale di olio a maggio 2017 avrebbe incassato 36.000 euro, mentre la stessa produzione quest’anno avrebbe garantito 25.000 euro, cioè 11.000 euro in meno.
Chiaro quindi che senza interventi seri per stabilizzare il mercato lo scenario diventa scontato: nessun ricambio generazionale nelle aziende olivicole e abbandono dei campi.
Il Consorzio nazionale degli olivicoltori, prima realtà della produzione olivicola italiana, chiede al ministero l’apertura di un tavolo di lavoro per la filiera dell’olio di oliva per mettere in campo una progettualità costruttiva sulla base delle esigenze reali del settore.
“Gli orientamenti della commissione Ue sulla riforma Pac non danno alcuna risposta al problema della eccessiva volatilità delle quotazioni – ha sottolineato il presidente del Cno, Gennaro Sicolo -. Chiediamo l’attivazione di misure di mercato all’altezza e proponiamo di valutare, così come avviene negli Stati Uniti, politiche tali da stabilizzare i redditi degli agricoltori, magari ricorrendo a cosiddetti aiuti anticiclici”.
“Siamo fortemente preoccupati e confidiamo nella capacità negoziale delle autorità italiane e nella loro volontà di difendere gli interessi nazionali – ha continuato Sicolo -. Una seconda criticità è il nodo dei pagamenti diretti della Pac, con un’azienda olivicola specializzata che rischia di perdere anche oltre il 50% dei contributi annuali incassati, per effetto delle nuove regole che la Commissione Ue intende applicare dal 2021”.
“Bisogna fare molta attenzione perché si rischia di mettere in ginocchio quello che resta della olivicoltura professionale italiana – ha concluso Sicolo -. Ci saranno meno risorse finanziarie per sostenere il settore che attraversa una fase di grande trasformazione e rischia di indebolirsi ulteriormente anche alla luce di vere e proprie emergenze nazionali, come xylella e gelate, che influiranno in maniera seria sulle prossime campagne”.
“Abbiamo il dovere di costruire una strategia competitiva per l’olivicoltura italiana che ha enormi potenzialità di sviluppo in termini economici, vista l’attenzione sempre crescente dei consumatori a prodotti sani e di qualità, ambientali, grazie all’immenso patrimonio arboreo, e sociali con le migliaia di aziende olivicole che costituiscono la ricchezza del Made in Italy”, ha detto la neo sottosegretaria alle Politiche agricole, Alessandra Pesce (M5S), aprendo i lavori della tavola rotonda.
“Abbiamo il dovere di portare l’olio sulla stessa strada del vino – ha aggiunto la Pesce -. Dobbiamo ripartire da ciò che ci chiede il mercato e dal valore dei nostri produttori, alle prese con numerose emergenze, quali la xylella, che abbiamo il dovere di affrontare con serietà e concretezza. Il ministero ha preso a cuore il dossier e già da lunedì, durante il primo consiglio europeo agrifish, proporrà di rafforzare le risorse del comparto agroalimentare, di puntare sulla semplificazione delle regole e delle procedure, e di riconoscere maggiore valore ad alcuni settori trainanti per l’economia italiana, tra cui l’olivicoltura”.