L’impatto delle nuove tecnologie sulle prospettive occupazionali nel medio e lungo termine potrebbe essere devastante. Ne sono convinti il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, che hanno messo la questione nell’agenda delle istituzioni di Bretton Woods. Si tratta di un fenomeno in grado di cambiare tutto il sistema economico e non solo ambiti specifici di settori o imprese. E tale da creare due problemi. Uno di breve periodo legato ai costi di rimpiazzo dei lavoratori che vengono sostituti da macchine e l’altro di più lungo periodo e ha a che fare con la formazione di nuove capacità lavorative. Al riguardo, basti pensare che secondo l’Overseas Development Institute (Odi) britannico in meno di venti anni sarà più conveniente impiegare robot negli stabilimenti industriali americani piuttosto che assumere manodopera in Africa. Il problema è talmente sentito che negli Stati Uniti c’è chi, in vista delle presidenziali del 2020, modula la campagna elettorale proprio sul tema.
Di fatto, il fattore di rischio principale di questa ondata di cambiamento tecnologico-occupazionale è la velocità con cui si sostituisce il lavoro umano con altro tipi di input produttivi, virtuali o fisici. “Come mettere assieme il vecchio e il nuovo – commenta il governatore della Banca d’Italia Visco, è la sfida più grande che un governo, in un Paese avanzato come il nostro, possa avere”.