Fantastico Silvio Berlusconi. Favoloso lo show offerto giovedì pomeriggio all’uscita dal Quirinale dove insieme a Salvini e alla Meloni aveva incontrato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Fate i bravi – ha detto rivolto ai giornalisti – e distinguete, spiegandolo bene, chi è democratico da chi non lo è. E’ ora che gli italiani lo sappiano”. Bando ai populisti, perciò, riferendosi però solo al Movimento 5 Stelle dal momento che alla Lega è costretto a riservare, almeno all’apparenza, un trattamento diverso.
Ma a ben vedere il trionfo dei populisti da Berlusconi è stato accompagnato per mano. Per anni e anni, fino alle elezioni del 4 marzo, sulle televisioni Mediaset hanno fatto da padroni programmi urlati, costruiti apposta per esaltare il malcontento, mandati in onda 365 giorni su 365 nelle fasce di maggiore ascolto incuranti della spirale velenosa che stavano generando. Gli stessi giornalisti adesso fatti uscire di scena (Belpietro, Del Debbio e Giordano) fino a qualche settimana fa erano il vanto dei palinsesti di Canale 5, Rete 4 e Italia 1. Ci siamo dimenticati di quando Quinta Colonna arrivò a Viterbo, piazza della Rocca, e si mise in cerca di urlatori da inquadrare nel collegamento che sarebbe stato mandato in onda di lì a poco? Ci siamo dimenticati di quando il nome di Del Debbio, che il 26 aprile saluterà il pubblico di Quinta Colonna, circolava addirittura quale possibile leader del partito azzurro al posto di Toti, da incoronare in virtù della popolarità raggiunta tra i telespettatori?
Berlusconi perciò arriva tardi, poteva pensarci prima. Come lui arrivano tardi però anche gli altri partiti politici, quelli del centrosinistra, che non sono mai riusciti a risolvere (perché evidentemente non hanno voluto farlo) una delle più grandi criticità di questo Paese: l’eliminazione del filo spinato di acciaio inossidabile che dagli anni Ottanta in poi lega il sistema dell’informazione alla politica, come dimostra il fatto che a detenere la proprietà di giornali e televisioni troviamo imprenditori che il più delle volte fanno affari con la politica o che, peggio ancora, scendono in politica forti del potere mediatico che sono riusciti a costruirsi o a comprarsi. In questa ottica le responsabilità della sinistra sono maggiori di quelle di Berlusconi, perché se il comportamento di quest’ultimo può essere stato almeno dettato dalla necessità di fare audience, caratteristica imprescindibile per ottenere ricavi pubblicitari e mandare avanti le aziende, non si comprende al contrario quale sia stato il guadagno di un partito come il Pd.
Non ci sono più gli editori puri di un tempo, si sente sempre più spesso dire in giro. Come non ci sono più i giornalisti di una volta, laddove la professione è sempre più appannaggio di scelte funzionali alle esigenze della politica. Ci voleva tanto per capire che le cose sarebbero andate così?