Esilarante osservare Alvaro Ricci, Giacomo Barelli e Massimo Erbetti arrampicarsi sugli specchi per dire che loro, anche se non hanno firmato per la caduta di Arena, sono stati sempre fortemente oppositori dell’amministrazione decaduta. Ma allora perché non hanno firmato?
La verità è un’altra ed è inutile che fanno finta di non capire o cerchino di far intendere cose non vere. La verità è che il loro operato in Comune in questi anni è stato sempre caratterizzato da un silenzio assordante sui temi che cementavano l’accordo tra il Pd(s) e Forza Italia. Al contrario, è stato tanto da parte loro il rumore starnazzante fatto su cose inutili e marginali.
Una grande tecnica di depistaggio politico, la loro: mi oppongo, ma inciucio. Campioni di corsa del gambero, specialisti dell’avanzare rinculando, duri e puri solo a parole, Ricci, Erbetti e Barelli sono in realtà scomparsi nelle nebbie della cogestione del potere detenuto da Panunzi e Battistoni. Campioni dell’ubbidir tacendo, saranno destinati a essere ricordati come i servi dell’inciucio.
Ma, oltre a loro, c’è un altro personaggio destinato a passare alla storia di questa amministrazione Arena mandata a casa da 19 consiglieri comunali: è il prode Giulio Marini, epico re-interprete del cavallo di Troia, solo che, a differenza di Ulisse, lui si è accontentato di rimettere la sua esistenza all’interno dell’inciucio che ha eletto Romoli e rimosso Arena. Adesso, da casa, trama per far eleggere la nuova sindaca del Pd(s) di cui si immagina già vicesindaco. Chi si accontenta gode.