
Diciannove firme: 7 della Lega, 6 di Fratelli d’Italia, 1 di Fondazione (Gianmaria Santucci), 1 dei moderati del Pd (Luisa Ciambella) e 4 di Viterbo 2020 (Chiara Frontini). Diciannove consiglieri davanti al notaio Fabrizio Fortini per notificare le proprie dimissioni e una pec al protocollo del Comune per certificare lo scioglimento dell’assemblea comunale.
L’amministrazione Arena è finita così, alle 20 di stasera. Morta, sepolta e già decomposta sotto le macerie dell’alleanza stretta tra Battistoni e Panunzi, tra Forza Italia e la sinistra del Pd, che solo cinque giorni fa ha portato all’elezione di Alessandro Romoli a presidente della Provincia, dove il partito azzurro, tradendo il centrodestra, ha innescato un’inevitabile reazione che fa, politicamente parlando, carne da macello di un sindaco che fino all’ultimo ha inutilmente sperato nell’intervento delle segreterie regionali e nazionali per restare sullo scranno più alto di Palazzo dei Priori. Ciò però non è accaduto, anche perché era difficile per Battistoni e Tajani andare a spiegare ai loro parigrado quello che era successo. Non si può chiedere aiuto a chi hai preso a schiaffi fino all’altro giorno.
Arena, nel disperato tentativo di scompigliare le carte, nel pomeriggio aveva rinominato la giunta, che aveva azzerato due giorni fa, con la scusa di dover approvare una delibera urgente per varare il piano neve. Neve che in verità a queste latitudini non si vede neanche in lontananza. Nessuno, però, tranne Antonella Sberna ed Elpidio Micci, si è presentato nel suo studio e in quello momento – erano le 18 – sono cominciate a risuonare le campane a morto, già pronte da due giorni per la celebrazione del funerale dell’amministrazione.