L’ipercinetico urlatore, quello che è solito scambiare la sala del Consiglio comunale per il bar dello stadio, sale in cattedra e dà lezioni di politica in vista delle elezioni comunali del 2023 o di un ipotetico ritorno anticipato alle urne se il centrodestra dovesse implodere o decidere di mettere fine alla stagione di Giovanni Arena.
Il soggetto in questione è Giacomo Barelli, una delle personalità più variopinte della politica viterbese degli ultimi anni. Vestendo i panni del megafono di Panunzi, di fronte alla possibilità che ai viterbesi venga in mente di votare Chiara Frontini, ha evocato la formazione di una grande coalizione che, partendo dall’attuale opposizione (tranne la Frontini), veda il coinvolgimento di Pd, Movimento 5 Stelle, seguaci di Calenda (lui stesso) e ambienti della destra liberale, come la Lega di Giorgetti o il nuovo soggetto politico fondato da Filippo Rossi. Le energie migliori – così le ha definite – per riportare ordine, pace, prosperità e benessere a Viterbo.
Tutto giusto, peccato che il ragionamento è viziato alla base prima di tutto dal fatto stesso che a pronunciarlo sia Barelli, uno che non è ancora noto per meriti politici e amministrativi tali da potergli affidare la patente di energia migliore. E poi perché è davvero molto difficile comprendere dove siano tutte queste energie migliori in persone che passano da una parte all’altra solo per mantenere uno scampolo di potere e visibilità. La grande coalizione evocata da Barelli insomma altro non sarebbe che un minestrone di gente che si unisce per non perdere il controllo di una situazione che gli sta sfuggendo di mano. Tante debolezze che, mettendosi insieme, sperano di diventare una forza. Non è questo ciò che serve a Viterbo.