La provincia di Viterbo è quella, nel Lazio, dove sono aumentati di più, negli ultimi dodici mesi, gli incidenti sul lavoro. Nel trimestre gennaio-marzo 2021 le denunce sono state 493, in aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (440). Il dato è in controtendenza con quello regionale, dove sono infatti passate da 8.863 a 8.804.
Dopo l’allarme lanciato nei giorni scorsi dalla Cisl – secondo cui i dati mostrano “che non dobbiamo mai abbassare la guardia, neanche in un momento delicato come quello attuale in cui, a fronte della necessità di far ripartire l’economia, si rischia di trascurare l’aspetto fondamentale della sicurezza” – a sostenere la necessità di affrontare di petto il problema è l’Usb, che prende in esame il tasso di irregolarità delle aziende secondo quanto dichiarato dall’Ispettorato del lavoro: nel settore edilizio, solo per fare un esempio, in provincia di Viterbo il 98% di esse non rispetterebbe le normative. Molti datori si sarebbero addirittura rifiutati di fornire la documentazione richiesta.
Insomma, il sistema sta collassando e le istituzioni colpevolmente assenti: basti pensare – nota l’Usb – che attualmente in Italia gli ispettori della Asl sono solo 2 mila rispetto ai 5 mila del 2009, quelli Inail appena 246, “costretti a pagarsi la benzina delle auto per raggiungere i luoghi di lavoro, lo Stato rimborsa infatti solo i mezzi pubblici. Ce lo immaginiamo l’ispettore che raggiunge un’isolato appezzamento agricolo di centinaia di ettari in pullman”.
“Non bisogna cadere più – sottolinea l’Usb – nell’indignazione di comodo di alcuni sindacati né tantomeno nelle parole di vicinanza di istituzioni e associazioni di categoria: sono tutti complici di questo stato di cose. I morti sul lavoro sono tutti vittime del sistema di sfruttamento a cui sono sottoposti. In Italia, i lavoratori uccisi sono in media tre al giorno, mentre gli infortuni, spesso con esiti gravissimi e invalidanti per tutta la vita, superano i 650 mila l’anno. Nessuno di questi è provocato da disattenzione o casualità: sono tutti la conseguenza delle condizioni di lavoro. Pesa innanzitutto la sproporzione fra i carichi di lavoro e la capacità umana di sopportarlo”.
Al Governo dunque il compito di intervenire con decisione: “Finora nessun Governo si è attivato in proposito o ha varato un programma di bonifica delle economie sommerse, che comportano anche evasione fiscale e contributiva. Sappiamo che l’Italia è il Paese che ha in proporzione agli abitanti più forze dell’ordine, eppure questo personale non viene impiegato né qualificato per il controllo sulla sicurezza e la regolarità del lavoro. I partiti hanno paura di mettersi contro l’economia sommersa, che porta loro circa 10 milioni di voti, ma i lavoratori no e siamo pronti a lottare perché il lavoro, così come recita la Costituzione, è espressione di se stessi, riscatto e produzione di ricchezza per la collettività, mai morte”.