Li chiamano furbetti. I furbetti del reddito di cittadinanza. Così si è la comunicazione: un calderone di slogan acchiappa clic, ricolmo di ovvietà e luoghi comuni ripetuti allo sfinimento e tanti saluti. Ma la narrazione che ne deriva non è esaustiva della realtà che i “narratori” pretenderebbero di interpretare. E infatti i giornali e i siti allontanano i lettori, e la politica perde consensi.
Ciò detto, è indubbio che chi fornisce false dichiarazioni per ricevere il reddito di cittadinanza ci marcia. E ci mancherebbe che le forze dell’ordine non intervenissero per stanare le irregolarità e bloccare l’indebito sussidio, ma sia chiara una cosa: il più delle volte, pur sempre di poveri cristi si tratta. Gente senza lavoro, o sottopagata, o pagata in nero, perché in questo Paese funziona così. Tutta colpa della classe politica (l’altra faccia dei “narratori”), responsabile di un sistema che non bada al merito ma all’appartenenza e alla fedeltà di parte, che non è in grado di risolvere il problema. Sì, direte che la disoccupazione è un fattore intrinseco ai modelli economici occidentali, ma ci sono Paesi in cui va meglio e altri in cui va peggio. Noi da sempre apparteniamo a quest’ultima categoria. Un motivo ci sarà.
Ieri è stata data comunicazione di otto denunce dei carabinieri a carico di altrettanti “furbetti” che insieme hanno avuto un totale di 43 mila euro. 5.375 euro a testa. Che sono tanti, ovvio, e lo ribadiamo: fanno bene le forze dell’ordine a controllare e denunciare, ma in un Paese come questo la colpa dello sfascio è di quattro disgraziati? Vi pare possibile? No, certo che no, ma siamo sicuri che per i “narratori” è invece così. Roba da far cadere le braccia.
Per la cronaca gli otto denunciati sono residenti a Montalto di Castro, Valentano, Cellere e Canino. Per ottenere il reddito avevano omesso di riferire entrate da altri redditi, ovvero avevano omesso la corretta comunicazione circa la composizione del nucleo familiare. In qualche caso, qualcuno ha dichiarato di risiedere in Italia da oltre 10 anni in modo non continuativo.