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Home » Italia » La Dc, De Gasperi, il coraggio e la coerenza

La Dc, De Gasperi, il coraggio e la coerenza

18 Aprile 2021

Da formiche.net riprendiamo e pubblichiamo

Un patto con i cittadini, prima ancora che con i partiti. Nell’anniversario della storica vittoria contro i comunisti del 18 aprile 1948 vale la pena recuperare la lezione di De Gasperi e la sua capacità di tracciare un percorso politico prima delle urne. Il commento di Giuseppe Fioroni

di Giuseppe Fioroni

L’anniversario dalle elezioni del 18 aprile invita a riflettere sulle ragioni della vittoria dei partiti democratici sul blocco social-comunista, orientato in senso filo-sovietico.

In particolare, offre l’occasione per mettere a fuoco ancora una volta il ruolo esercitato da Alcide De Gasperi in quel frangente decisivo, nonché per valutare appieno il suo operato di leader politico e di governo nel periodo 1945-1953, fino alla morte avvenuta l’anno successivo.

La vittoria della Dc non era per nulla scontata. De Gasperi riuscì nell’impresa di raccogliere attorno al suo partito un consenso straordinario. Metà degli elettori scelse lo Scudo crociato, un’ampia maggioranza decretò il successo dei partiti alleati della Dc.

Oggi deve attirare il nostro interesse come il 18 aprile configuri il primato della coalizione – esperienza ignota, sul piano della formula esplicitamente politica, nel periodo liberale post unitario – come architrave del nuovo ordinamento politico della Repubblica. Infatti, sebbene la Dc avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, non passò l’idea di un governo di soli democristiani.

A sostenere la necessità di un monocolore dc fu il giovane e carismatico leader della sinistra interna, Giuseppe Dossetti, proveniente dall’Università Cattolica di Padre Agostino Gemelli. Dal suo punto di vista, il trionfo del 18 aprile era l’espressione di un mandato popolare che implicava la mesa in opera di una radicale trasformazione dell’Italia secondo il criterio direttivo dell’andare oltre l’angusta dialettica tra capitalismo e collettivismo.

Il progetto faceva perno sulla convinzione che spettasse ai cattolici, una volta archiviata l’unità delle forze antifasciste, organizzare sotto altra forma la risposta alla domanda di cambiamento. In opposizione a De Gasperi la reformatio del corpo sociale – così si esprimeva Dossetti – era la missione storica del cattolicesimo politico. Non a caso, per questa peculiare torsione rivoluzionaria, strutturata attorno a grandi motivi etico-relisiosi, l’approccio dossettiano patì l’accusa di cedimento alle tradizionali e ricorrenti tentazioni d’integralismo cristiano.

De Gasperi, con altro spirito, seppe tener fermi i paletti della collaborazione con i partiti democratici, sia di matrice laico-liberale che socialista. Sotto la sua direzione, la coalizione quadripartita di centro (Dc-PSDI-PRI-PLI) fu espressione di quella maggioranza che, nel fronteggiare in piena guerra fredda il pericolo comunista, operava in direzione del rinnovamento civile economico e politico del Paese.

Se l’obiettivo era salvaguardare anzitutto la prospettiva di rinascita democratica, tutte le forze disponibili a concorrere alla costruzione e difesa di tale linea dovevano essere coinvolte in uno sforzo di massima condivisione delle responsabilità. Alla Dc spettava il compito di amalgare le diverse anime della politica democratica, non di accentrare su di sé il carico delle funzioni di governo.

Spesso si trascura, a tale riguardo, il fatto che la coalizione degasperiana non abbia conosciuto il suo battesimo dopo le elezioni del 18 aprile 1948, ma già nel corso dell’anno precedente e proprio in vista di quelle cruciali votazioni.

In sostanza De Gasperi propose all’elettorato una formula che aveva preso forma dopo la rottura, nel maggio 1947, con Nenni e Togliatti.

A far la differenza, qualche mese prima, fu certamente il viaggio in America, grazie al quale De Gasperi rafforzò sul piano interno e internazionale la sua leadership; ma anche la scissione di Palazzo Barberini ad opera di Saragat, che separò la nuova formazione socialdemocratica dal troncone sedotto dall’opzione frontista, la cui subalternità alla politica staliniana non poteva essere tollerata.

In questo senso, volendo ricavare dall’esperienza del 1948 una lezione attuale, torna per noi alla ribalta la capacità di tracciare un percorso politico – come fece De Gasperi – in anticipo rispetto all’esito delle urne. Il coraggio e la coerenza costituiscono in definitiva le colonne portanti di ogni possibile proposta vincente in termini elettorali. Da ciò scaturisce il vero patto con i cittadini.

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