Il Comune di Tarquinia batte tutti ed invia a tempo di record le osservazioni contro la possibile realizzazione del Deposito delle scorie nucleari sul proprio territorio. Nel documento, presentato dall’avvocato Noemi Tsuno dello studio Viglione di Roma, si chiede che “l’Area VT-25 Tarquinia, Tuscania venga esclusa dall’elenco delle aree idonee pubblicato da Sogin il 5 gennaio 2021”.
Nelle osservazioni si insiste sulla sismicità della zona, sulle aree vulcaniche presenti e sulla distanza del sito dai centri abitati. Vi sono poi altre criticità legate alla mancata valutazione della presenza di produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e di luoghi di interesse archeologico, nonché della presenza di infrastrutture critiche rilevanti e strategiche (si pensi alla Centrale a carbone di Civitavecchia).
“Laddove Sogin – si legge – afferma che l’area non risulta interessata da potenziali processi vulcanici rilevanti ai fini della sicurezza del deposito, non sembra tener conto del fatto che invece è caratterizzata dall’Apparato Vulsini, attualmente classificato come non attivo, ma la cui attività vulcanica in passato ha provocato la creazione di una zona profondamente disturbata, nella quale possono aversi deformazioni e assestamenti capaci di dare origine ad attività sismica. Basti ricordare il tragico evento del 6 febbraio 1971, che ha visto l’area di Tuscania venire devastata da un terremoto”.
Grazie alla relazione, il Comune di Tarquinia ha inteso dunque “dimostrare che non solo la Sogin non ha tenuto conto degli episodi sismici che hanno caratterizzato la zona, ma che non ha neanche tenuto conto dei dati ricavabili dal Modello di pericolosità sismica presente sul sito web dell’Ingv: l’analisi di tale mappa mostra come in realtà il sito insista su un’area contrassegnata da sismicità elevata”.
Per ciò che riguardale produzioni agricole e i luoghi di interesse archeologico e storico, la Società dice in entrambi i casi che l’argomento richiede indagini successive, “non considerando i criteri della Guida tecnica 29 dell’Ispra, secondo cui ‘l’elenco delle aree potenzialmente idonee da proporre nella Cnapi’ deve invece essere elaborato a valle delle suddette valutazioni’. Tali tipi di indagini quindi non potevano essere rimesse a ‘fasi successive del processo di localizzazione’, ma avrebbero dovuto essere oggetto preliminare di valutazione”.
E infine: “Ad aggravare lo stato di elevata radioattività di fondo è intervenuta, negli ultimi 12 anni, la presenza di una grande centrale a carbone, distante solo pochi chilometri in linea d’aria da Tarquinia, la quale ha utilizzato, per la produzione di energia, circa 5.000.000 di tonnellate di carbone l’anno. La radioattività del carbone è potenzialmente pericolosa per l’uomo (a seconda della sua qualità). I livelli di radioattività emessi dal carbone sono bassi e non allarmanti, tuttavia sono cumulativi nel tempo e, da questo punto di vista, possono rappresentare comunque una minaccia che non dovrebbe essere ignorata”.