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Home » Territorio » Andamento economico, Tuscia fanalino di coda nel Lazio

Andamento economico, Tuscia fanalino di coda nel Lazio

17 Gennaio 2021

Nel 2020 la cassa integrazione nella Tuscia è aumentata di quasi quindici volte rispetto allo stesso periodo del 2019. Da gennaio a novembre sono state infatti otto milioni le ore concesse, di cui quasi tre milioni nel solo mese di aprile. Nello stesso periodo del 2019 erano state invece 540 mila.

Sono alcuni tra i numeri che emergono dall’approfondimento che la Uil di Viterbo ha realizzato in collaborazione con l’Istituto di ricerca Eures per fotografare l’economia della Tuscia ai tempi della pandemia. “Stiamo parlando dell’incremento più elevato tra le province del Lazio – spiega il segretario Giancarlo Turchetti – che in termini di unità di lavoro – si traduce in 4.700 lavoratori che sono riusciti a conservare il proprio posto di lavoro, grazie anche al blocco dei licenziamenti imposto alle aziende dal Governo”.

L’emergenza sanitaria non ha fatto sconti e ha avuto ricadute socio-economiche consistenti su un’area che ancor prima della pandemia aveva mostrato criticità e scompensi: “Non a caso – spiega ancora il segretario – a fine 2019 la Tuscia viaggiava a un tasso di occupazione del 54,7 per cento, inferiore a quello di altri territori come Roma (64,1%) e Rieti (59,1%), mentre il tasso di disoccupazione era al 10 per cento, con un equivalente esercito di 12.600 residenti alla ricerca disperata di un lavoro”.

“Il lockdown, il blocco delle attività considerate non essenziali, le misure successive per arginare la diffusione del virus, anche se necessarie, hanno aumentato le difficoltà quotidiane – dice Turchetti -. Basta guardare le richieste per accedere alle misure straordinarie dell’emergenza coronavirus: oltre 5 mila le domande per il reddito di emergenza, quasi 6 mila quelle per le indennità ai professionisti a partita Iva e ai lavoratori co.co.co, 21mila le richieste tra commercianti e artigiani iscritti alle gestioni speciali, 6.700 quelle per l’indennità una tantum rivolta ai lavoratori agricoli e agli operai a tempo determinato”.

Ma non è tutto. Il focus analizza il mondo imprenditoriale locale e il settore delle esportazioni. Anche qui le ricadute del Covid sul tessuto produttivo sono consistenti: “Il primo trimestre del 2020 – dice l’esponente sindacale – ha fatto registrare nella provincia 634 nuove attivazioni e 766 cessazioni, con un tasso di crescita negativa dello 0,3 per cento. Mentre gli scambi commerciali con l’estero da gennaio a settembre sono diminuiti del 4 per cento, che in termini assoluti equivale a una discesa di fatturato da 278 a 267 milioni. L’unico settore a tenere è stato quello agroalimentare, che rappresenta l’11% del totale delle esportazioni viterbesi, e che nel periodo in questione ha mostrato una crescita del 9,9%, passando da 27,7 a 30,5 milioni di euro”.

“Siamo davanti a numeri e cifre – conclude Turchetti – che impongono una seria riflessione e un’altrettanta assunzione di responsabilità. Bisogna agire subito, perché il calo del reddito di migliaia di famiglie, le scarse prospettive di lavoro per i giovani, il rischio che le aziende da marzo procedano coi licenziamenti, potrebbero dilaniare irrimediabilmente il tessuto sociale della Tuscia. E’ necessario ripartire da qui: dalla proroga degli ammortizzatori sociali e da quella del blocco dei licenziamenti. Ma poi bisogna gettare le basi per un futuro diverso, più equo e giusto. E per il sindacato ciò significa diritti sociali e politiche socio industriali. Temi contenuti nel documento ‘Ricostruire il futuro’, che Cgil Cisl e Uil hanno inviato alla Regione Lazio con l’obiettivo di costruire insieme un nuovo modello di sviluppo”.

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