“Il Lazio è ancora in fascia gialla. Grazie ai cittadini per il rispetto delle regole. Siamo l’unica regione italiana a non avere mai cambiato colore. Ora non abbassiamo la guardia. Solo in questo modo potremo contenere la diffusione del #COVID fino alla vaccinazione di massa”.
L’annuncio è stato dato su Twitter dal presidente della Regione, Nicola Zingaretti.
“I dati di questi ultimi giorni – ha aggiunto Zingaretti – ci dicono chiaramente che la fine dell’emergenza è ancora lontana e la curva dei contagi continua a crescere. Per questo serve, fino a che non avremo una vaccinazione di massa, continuare in questa direzione: rispettando le regole, mantenendo comportamenti rigorosi e applicando tutte le misure di prevenzione. Solo in questo modo potremo contenere efficacemente la diffusione del virus”.
A livello nazionale la curva epidemiologica frena la decrescita, anzi inizia a risalire. Dopo il monitoraggio della Cabina di regia del ministero della salute e dell’Istituto superiore di sanità sul periodo 28 dicembre-3 gennaio il ministro Roberto Speranza firma un’ordinanza per far passare da giallo ad arancione a partire da lunedì cinque Regioni: Calabria, Emilia-Romagna, Lombardia Sicilia e Veneto: “Dobbiamo tenere il massimo livello di attenzione perché il virus circola molto e l’indice del contagio è in crescita”, spiega Speranza. Il governo lavora al nuovo Dpcm, che entrerà in vigore il 16 gennaio e dovrebbe scadere a fine mese o anche più avanti, se si deciderà di prolungare lo stato di emergenza.
L’indice Rt nazionale sfonda la soglia dell’1 e passa all’1,03, per la prima volta dopo sei settimane. Nel report, gli esperti parlano di un peggioramento generale della situazione, con l’incidenza a 14 giorni che torna a crescere dopo alcune settimane e con l’aumento – dato che preoccupa non poco – dell’impatto della pandemia sui servizi assistenziali: “Questo si traduce in un aumento generale del rischio”, evidenziano. Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, conferma che “c’è un incremento della velocità di crescita dei casi” e che l’età media di chi si contagia e di chi purtroppo muore resta costante, a conferma del fatto che a perdere la vita sono ancora principalmente le persone più anziane e fragili.
La fase è delicata e sembra il preludio, avvertono gli scienziati, a un “nuovo rapido aumento nel numero di casi nelle prossime settimane”, se tutto restasse così com’è. Tenendo in considerazione i 21 indicatori, il rischio è alto in 12 Regioni e province: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Bolzano, Trento, Puglia, Umbria e Veneto. Altre otto (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta) sono a rischio moderato e solo la Toscana, per ora, è a basso rischio. L’incidenza preoccupa in particolare nella Regione del Veneto, dove negli ultimi 14 giorni si sono contagiate 927,36 persone ogni 100mila abitanti, e in tutto il Paese è ben lontana dai livelli che consentirebbero il ripristino completo del tracciamento. La terapia intensiva è un altro nodo critico: 13 Regioni e Province hanno un tasso di occupazione sopra la soglia critica del 30% e il numero di ricoverati in intensiva continua a crescere. Aumentano anche i casi non riconducibili a catene di trasmissione note, per i quali cioè non si riescono a ricostruire i contatti che hanno provocato l’infezione, cosa che complica tantissimo la gestione.