Mancano due giorni alla ripresa delle attività didattiche e anche in provincia di Viterbo si moltiplicano gli appelli a valutare attentamente l’opportunità di riaprire le superiori senza un vero e documentato piano di potenziamento dei trasporti attraverso un maggior numero di corse; senza un sistema di screening settimanale, avviando un tracciamento efficace dei contagi; e senza una diminuzione, da subito, del numero degli alunni per classe.
Il prefetto di Viterbo (come tutti gli altri prefetti d’Italia), ricevute rassicurazioni al riguardo da aziende di trasporto e sindaci, come si sa, ha dato il via libera alla riapertura del 7, ma il problema è che, per quanto riguarda la Tuscia, nessuno si fida del Cotral e dei sindaci. Basti vedere il Comune di Viterbo, che da un lato, al tavolo prefettizio, ha detto di aver fatto tutto quello che gli compete per alzare il livello di sicurezza e dall’altro, per bocca di Arena, sostiene invece che è meglio rinviare la riapertura al 18, ammettendo con ciò che i problemi non sono stati affatto risolti.
In questa situazione, dove all’orizzonte si delinea il solito scaricabarile tra i vari soggetti in campo, prendono posizione un gruppo di circa 40 docenti e 300 genitori delle scuole superiori cittadine, che hanno inviato stamattina una lettera al prefetto, Giovanni Bruno, al sindaco, Giovanni Arena, al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e alla ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, per dire che bisogna sì sbrigarsi a far ritornare gli studenti in classe, ma è necessario farlo in condizioni di sicurezza chiare e documentate.
Cosa sta facendo – si chiedono – il ministero dell’istruzione? Possibile che l’unica soluzione pensata per affrontare la ripartenza della scuola secondaria di secondo grado è stata quella di prevedere ingressi scaglionati, alle otto e alle dieci del mattino? Il timore è che tutto ciò non eviterà il ritorno velocissimo alla didattica a distanza, con l’aggravante di un probabile innalzamento dei contagi, in una situazione già così tragica.