Le ripercussioni della rottura del grande inciucio in Provincia si riversano a cascata sulla Talete. E infatti la conferenza dell’Ato in programma stamattina, con all’ordine del giorno l’aumento del 3 per cento delle tariffe idriche, è stata “sospesa” (sic) fino al 14 gennaio su richiesta del sindaco di Viterbo, che è sostenuto, è sempre bene ricordarlo, non solo da Forza Italia, ma anche da Lega e Fratelli d’Italia. Arena vuole approfondire il piano presentato dal Consiglio di amministrazione, per cui si è fatto mandare tutti i documenti, che stranamente ancora non conosceva.
Di fatto, la pausa servirà però anche e soprattutto per capire se esiste ancora una strada per salvare il salvabile, almeno secondo l’ottica di Panunzi, che, lasciato da solo dalla destra che tanto ha corteggiato, in questa situazione rischia di accollarsi la responsabilità politica in prima persona del disastro prodotto dalla società. E’ d’altra parte per questo motivo che Arena, fiutata l’aria che tira, stavolta sembra intenzionato ad esercitare le prerogative di controllore della società, al di là di quello che finora gli hanno “consigliato” Panunzi e Battistoni.
Va detto che i termini per approvare il piano aziendale scadevano oggi e dunque quella del 14 gennaio sarebbe una data fuori tempo massimo e come tale non più utile, dal punto di vista strettamente legale, per votare. Da qui la strana idea di sospendere la seduta per due settimane, come se si trattasse del Consiglio di amministrazione di un’azienda non pubblica, il che proprio per questo lascia campo libero a interpretazioni di varia natura.
Certo, non vorremmo stare nei panni dei sindaci, che si trovano loro malgrado tra l’incudine e il martello: da una parte sospettano (a ben vedere visto quello che è accaduto finora) che l’aumento delle bollette possa rivelarsi l’ennesimo tentativo per tirare a campare ancora altri mesi, senza però risolvere i problemi strutturali di Talete; dall’altra temono le pressioni che arrivano dai “piani alti” per non far saltare il banco. Una cosa è certa, dicono tutti: a fronte di un’azienda definita “decotta” dalla Corte dei conti non è più tempo di fidarsi delle parole degli “amici”.